I senatori del Partito Democratico Dario Parrini, Luigi Zanda e Gianclaudio Bressa hanno depositato un disegno di legge costituzionale per vietare la rieleggibilità del presidente della Repubblica e per abrogare il semestre bianco. Se approvato, il ddl modificherebbe gli articoli 85 e 88 della Costituzione.
L’articolo 1 del disegno di legge propone la modifica del primo comma dell’articolo 85 della Costituzione (il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni). Si promuove l’inserimento della frase non è rieleggibile all’attuale testo. Il secondo articolo, chiede l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 88 della Costituzione, che recita: il Presidente della Repubblica non può esercitare tale facoltà (lo scioglimento delle Camere, ndr) negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
I firmatari del ddl ricordano come “già in sede di Assemblea costituente si pose il tema
dell’opportunità di introdurre limiti alla rielezione del Presidente della Repubblica. […] Si ritenne preferibile non introdurre alcun divieto. I presupposti erano che un’eventuale rielezione avrebbe comunque assunto carattere di eccezionalità, e che le personalità chiamate a ricoprire la più alta magistratura dello Stato avrebbero potuto essere degne di un primo come di un secondo mandato. Quale contrappeso fu invece introdotto il secondo comma dell’articolo 88, creando così l’istituto del semestre bianco“.
Il messaggio del Presidente Segni
Anche il presidente Antonio Segni sottolineò i legame tra la possibilità di ottenere un doppio mandato e l’istituto del semestre bianco. Nel messaggio alle Camere del 16 settembre 1963, il presidente sosteneva che il periodo di sette anni fosse “sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato“. Segni sottoponeva al parlamento l’opportunità di introdurre la non immediata rieleggibilità del Presidente. Questo per “eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione“. Tale modifica avrebbe potuto portare all’eliminazione dell’impossibilità, per il presidente della Repubblica, di sciogliere le Camere nei sei mesi precedenti alla scadenza del suo mandato. Un divieto che “altera il difficile e delicato equilibrio tra i poteri dello Stato. Può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti“.
Secondo i promotori del ddl, “il conferimento, nel 2013, di un secondo mandato al presidente Napolitano ha senza dubbio cambiato i termini della questione della rieleggibilità del presidente della Repubblica. Essa, da mera possibilità teorica si è tradotta in precedente. È evidente che, se l’eccezione divenisse regola, l’equilibrio dei poteri delineato dalla Carta potrebbe risultarne alterato“.