Il dato dell’astensionismo raggiunge quello delle elezioni politiche. Ricordiamo che dalle regionali del 2018 ad oggi la partecipazione al voto si è quasi dimezzata. Gli umori di alcuni elettori di sinistra, nella mattinata di lunedì, davano per favorito (parlo per la Lombardia) Maiorino. In realtà si sbagliavano di grosso. Come era ovvio, ma evidentemente non a tutti, la scarsa affluenza avrebbe favorito principalmente la destra.
A pochi mesi dall’ascesa di Giorgia Meloni a palazzo Chigi la destra, e in particolare Fratelli d’Italia, sembra l’unica forza politica ad aver riconfermato la propria identità. Difatti i partiti di governo non mancano mai di affermazioni e atti che testimoniano i loro intenti, come se ci ripetessero quotidianamente che loro sono il primo vero governo politico da anni a questa parte e che loro sì, sono di destra. E, di fatto, è così.
I 5 Stelle hanno invece dovuto darsi una ridimensionata, complice l’idea che chiunque potesse fare politica. Alla fine i nodi dell’inadeguatezza sono venuti al pettine e il Movimento ha dovuto cercarsi un’identità che fino ad oggi non esisteva. Hanno scelto la via del progressivismo di sinistra, peccato che molti loro elettori ed esponenti fossero simpatizzanti di destra e, quindi, sono migrati verso chi, invece, un’identità ce l’ha eccome.
La sinistra, se cosi possiamo ancora definirla, ha subito negli ultimi anni lo scaltro giochetto dei partiti “contro la casta e contro tutti”. Essi sbandieravano ai quattro venti che destra e sinistra fossero concetti superati, che bisognasse dire basta alle ideologie. E così la sinistra (in particolare il PD) ci casca. Comincia ad annacquare la propria identità, cerca scappatoie per fare vedere che sì, loro son di sinistra, ma mica così tanto, fino ad arrivare ad un completo annullamento della propria identità. Comincia così un patetico carosello di propaganda volta a screditare l’avversario prima ancora che a proporre cose nuove. Non esiste più un programma definito, è una continua rincorsa a quello che dice Salvini, o Meloni, o Renzi, o Calenda ecc. Non un’idea concreta, non un progetto di rinnovamento, non un minimo riferimento alle questioni sociali realmente rilevanti per il paese.
Ed ecco il risultato: la destra va a votare e la sinistra guarda e si dispera, si dispererà e guarderà ancora. Intanto chi criticava l’ideologia ora la afferma e chi a provato a stare al passo resta indietro. Così il PD rincorre e perde, in un continuo ed infinito circolo vizioso che piano piano eroderà anche l’ultimo pezzetto di base che gli è rimasto. Sembra di avere a che fare con quella caricatura di Achille proposta da Zenone nel celebre paradosso. Nonostante egli fosse “Pie veloce” non avrebbe mai raggiunto la tartaruga che gli correva davanti.
Però questo è un paradosso, nella realtà, forse, basterebbe smettere di rincorrere la tartaruga e ritrovare la propria strada.