venerdì, Aprile 18, 2025
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Il programma del nuovo Governo tedesco

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Dopo circa due mesi di trattative, c’è l’accordo per la nascita del nuovo Governo tedesco. Il successore di Angela Merkel sarà Olaf Scholz, il leader 63enne del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Già sindaco di Amburgo dal 2011 al 2018, attualmente è ministro delle Finanze e vice cancelliere. Il nuovo governo tedesco sarà sostenuto da una coalizione di tre partiti, definita semaforo per il colore associato alle forze politiche che ne fanno parte. Il patto di governo, lungo 177 pagine, è intitolato “Osare più progresso – Alleanza per la libertà, la giustizia e la sostenibilità“. È stato sottoscritto dalla SPD, dai Verdi e dai liberal-democratici (FDP).

Olaf Scholz sarà il primo cancelliere socialdemocratico dopo 16 anni. Sarà probabilmente eletto dal Bundestag (il parlamento tedesco) il 6 dicembre. In Germania, la nomina del cancelliere avviene con una procedura diversa rispetto a quella che porta alla nomina del presidente del consiglio dei ministri italiano. Il Presidente della Repubblica tedesco indica al Bundestag un candidato che abbia una ragionevole possibilità di essere eletto. I membri del parlamento effettuano una votazione segreta. Il candidato che ottiene la maggioranza semplice dei voti è eletto cancelliere e presta giuramento davanti al presidente del Bundestag.

I principali punti programmatici

Complesso è il programma del nuovo governo tedesco, redatto in due mesi di negoziati tra i tre partiti. In materia economica, la principale riforma riguarda l’aumento del salario minimo a 12 euro l’ora, dagli attuali 9 euro e 60 centesimi. L’intervento porterà un aumento del reddito per quasi 2 milioni di cittadini, il 5% dei lavoratori. Il governo uscente aveva stabilito un aumento del salario minimo a 10,45 euro da luglio 2022. È prevista la costruzione di 400mila nuovi appartamenti, un quarto dei quali sarà sovvenzionato con risorse pubbliche. I tre partiti propongono l’istituzione di una polizza assicurativa per i bambini che vivono in famiglie sotto la soglia di povertà e di un contributo per le spese di riscaldamento delle famiglie a basso reddito. Altra importante riforma è quella per la “distribuzione controllata di cannabis agli adulti per scopi precisi in negozi autorizzati e controllati“.

Nel documento, è presente anche un’apertura sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita europeo. Una riforma fortemente voluta da Italia e Francia. Il Patto – sostengono i tre partiti – ha mostrato la sua flessibilità e su questa base vogliamo assicurare sviluppo, sostenibilità del debito e investimenti per il clima. In futuro la politica fiscale europea dev’essere basata su questi obiettivi, per rafforzarne l’efficacia di fronte alle sfide del tempo. Il PSC dovrebbe diventare più semplice e trasparente“.

La centralità dell’ambiente

Centrale è il tema ambientale. Sarà creato il ministero del clima e i partiti al governo si impegnano ad abbandonare il carbone come fonte di energia entro il 2030 (il precedente obiettivo era il 2038). Entro lo stesso anno, l’80% della domanda di energia dovrà essere coperta con fonti rinnovabili (l’attuale obiettivo è del 65%). La produzione di energia elettrica dal gas sarà interrotta nel 2040. La Germania si impegna a diventare climaticamente neutra entro il 2045.

Saranno disposti degli incentivi per l’acquisto di 15 milioni di auto elettriche e per l’installazione, obbligatoria da maggio del 2022, di impianti fotovoltaici sui tetti dei nuovi edifici commerciali e residenziali. Dal 2025, il riscaldamento delle nuove abitazioni dovrà essere prodotto con fonti rinnovabili almeno per il 65%.

1 dicembre 1970, il divorzio è legge

Il primo dicembre 1970 il parlamento approvò la legge n.898Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio“. I primi firmatari furono Loris Fortuna, del Partito Socialista Italiano (PSI) e Antonio Baslini, del Partito Liberale Italiano (PLI). La legge sul divorzio fu approvata con 325 voti favorevoli e 283 contrari alla Camera, 164 favorevoli e 150 contrari al Senato. Il provvedimento entrò in vigore il 18 dicembre dello stesso anno.

Oltre che dal PSI e dal PLI, votarono a favore della legge il Partito Comunista Italiano, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, il Partito Socialista Democratico Italiano e il Partito Repubblicano Italiano. Espressero un voto contrario la Democrazia Cristiana, in quel momento partito di maggioranza relativa in parlamento e il Movimento Sociale Italiano. Fuori dall’arco parlamentare, due furono i principali movimenti a sostegno della legge sul divorzio: il Partito Radicale di Marco Pannella e la Lega Italiana Divorzio.

I partiti e i movimenti antidivorzisti, tra cui la Conferenza Episcopale Italiana e l’Azione Cattolica, si unirono nel Comitato nazionale per il referendum sul divorzio. Nel 1971, il comitato richiese un referendum abrogativo della legge. Il referendum si tenne il 12 maggio 1974, con un affluenza dell’87,7% e il 59,3% dei votanti si espresse contrariamente all’abrogazione della legge.

Cosa prevede la legge sul divorzio

La legge prevede lo scioglimento del matrimonio nel caso in cui un giudice “accerti che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita“. Le modifiche del 1978 e del 1987 ridussero i tempi necessari per ottenere il divorzio da cinque a tre anni. Inoltre, la sentenza sull’ottenimento del divorzio fu slegata dai provvedimenti sull’affidamento dei figli e sugli accordi economici. Il parlamento ha accorciato ulteriormente i tempi nel 2015. È possibile ottenere il divorzio dopo sei mesi di separazione consensuale e dopo un anno di separazione giudiziale. Per la separazione consensuale e per il divorzio congiunto non è necessario rivolgersi al tribunale in assenza di figli minori o incapaci. In questo caso, il procedimento può avvenire davanti al sindaco anche in assenza di avvocati.

Tra gli elementi presi in esame dal tribunale per lo scioglimento del matrimonio vi sono la stabile convivenza, la presenza di rapporti sessuali, l’aiuto reciproco, l’affetto tra i coniugi. Si può ottenere il divorzio anche nel caso di condanna del coniuge ad almeno quindici anni di reclusione. Inoltre, il matrimonio è sciolto se non è stato consumato o in presenza di un cambiamento di sesso del coniuge.

Uno dei coniugi può essere tenuto al versamento di un assegno di mantenimento, nel periodo della separazione, o di un assegno divorzile, una volta ufficializzato il divorzio. Il coniuge beneficiario deve essere privo di un reddito adeguato al tenore di vita avuto durante il periodo del matrimonio e deve essere impossibilitato a procurarsi tale reddito. Nello stabilire l’importo dell’assegno, il giudice prende in esame le condizioni patrimoniali del soggetto obbligato.

Il fiume Muluia muore nel deserto

Era il fiume più lungo del Marocco. 600 kilometri di percorso, da Midelt fino a Saidia per poi sfociare nel Mediterraneo. Ora il fiume Muluia è quasi del tutto prosciugato. La sua foce, una volta estesa su 2700 ettari, non esiste più e la sua superficie totale, in passato di 74 000 km² (il 10% della superficie del territorio nazionale), si è radicalmente ridotta.

Il Muluia muore a 500 kilometri dalla costa, nelle sabbie del deserto. Mentre il fiume si ritira, l’acqua salata del mare risale il letto del fiume, invadendo i corsi d’acqua secondari e contaminando le falde d’acqua dolce. L’agricoltura è vicina al collasso. Come ha raccontato un agricoltore all’Agence France-Presse, “tutto è morto a causa della scarsità di pioggia e soprattutto della salinità del fiume“. Il prosciugamento del corso d’acqua avrà conseguenze catastrofiche anche sul piano della biodiversità. Il fiume Muluia presenta, infatti, riserve naturali tra le più importanti del Marocco.

Diversi i motivi del disastro. Tra i principali, la scarsità delle infrastrutture, con la presenza di due soli irrigatori e tre dighe e l’eccessiva distriubuzione dell’acqua del fiume Muluia ai coltivatori di alberi da frutto. Ai problemi di gestione si somma l’aumento delle temperature causato dal cambiamento climatico. Secondo il Governo del Marocco, la siccità nel Paese è disgraziatamente destinata ad aumentare. Fino al 2050, il numero delle precipitazioni è destinato a diminuire dell’11% e la temperatura media aumenterà di 1,3°C.

Doppio Sogno – Rifici e le geometrie dell’inconscio

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Carmelo Rifici dirige i giovani diplomati del Piccolo Teatro di Milano in uno sconvolgente Doppio Sogno. Lo spettacolo, adattamento drammaturgico di Riccardo Favaro dell’omonimo romanzo breve di Arthur Schnitzler, ripercorre il rapporto tra i coniugi Fridolin e Albertine.

La storia della Traumnovelle (questo il titolo originale di Doppio Sogno) è quella che qualcuno conoscerà per il film Eyes Wide Shut, con Tom Cruise e Nicole Kidman. Nella razionale e rispettabile società viennese, la coppia vive un rapporto all’apparenza perfetto, ma nutrito di vuoti e silenzi. Un abisso, da cui si liberano potentissime energie inconsce e irrazionali. Tutto il disagio del non detto, porta Fridolin, stimato medico viennese, a vivere una notte di avventure oniriche, al limite della perversione e dell’assurdo. La moglie Albertine, invece, lo aspetta a casa, in preda ad un incubo angoscioso, violento, ma infine liberatore. L’Eros rimosso e le pulsioni dell’inconscio formano una spirale irrefrenabile, che risucchia le vite dei protagonisti, avvolgendo insieme la realtà, la memoria, l’inconscio e il sogno.

Doppio Sogno: Carmelo Rifici, l’abisso della razionalità e la frammentazione dell’Io

I numerosi attori in scena, infiniti doppi dei personaggi principali, si muovono con il metodo e la scioltezza di un meccanismo collaudato. L’orchestrazione delle scene è chirurgica, il ritmo non lascia scampo: è avvolgente, preciso, febbrile. Molti Fridolin e Albertine si fanno da specchio e insieme da controcanto in scena, replicando infinitamente le personalità disunite e frammentarie dei protagonisti, i loro ascessi deliranti. Salutato l’Io, unico despota dell’identità personale, in scena si liberano i molti.

Gli spazi del Piccolo Teatro Studio Melato si prestano benissimo all’operazione, dando allo spettatore l’opportunità di superare la classica fruizione frontale. La scena è al centro, ora più vicina ora più lontana; è in alto e in basso. Gli attori sfruttano tutto l’ovale del teatro, a tutto campo. In questo modo, impediscono a chi guarda di cogliere ogni volta tutta la scena insieme. Si esplorano così a teatro le possibilità del campo lungo, del primo piano e perfino del fuori campo. La scena, dunque, non è mai statica, ma l’occhio deve inseguirla sempre. L’orecchio, infine, può godere di improvvise incursioni nella musica e nel canto, tutto splendidamente dal vivo.

Lo spettacolo: info tecniche

Non ci si lasci perciò spaventare dalla durata dello spettacolo: circa 180 minuti, comprensivi di intervallo. Lo spettacolo, in cartellone al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano fino al 23 dicembre, è sicuramente un’esperienza unica. Dall’interpretazione alla costruzione delle scene, dalle luci ai costumi, dalle coreografie alle musiche: tutto, questa volta, sembra aver funzionato.

“Ovunque esista una società estremamente razionale, […] governata per mezzo di una sorta di assopimento di tutto quello che potrebbe essere conflittuale, si manifestano pulsioni ed energie ancora più distruttive, per la coppia come per la società”. Carmelo Rifici

Scheda

Doppio Sogno, di Riccardo Favaro, da Arthur Schnitzler

Regia Carmelo Rifici

Scene Paolo di Benedetto

Costumi Margherita Baldoni

Movimenti coreografici Alessio Maria Romano

Light designer Gianni Staropoli

Musiche Federica Furlani

con Catherine Bertoni, Gabriele Brunelli, Leonardo Castellani, Giovanni Drago, Claudia Grassi, Giulia Heathfield Di Renzi, Jonathan Lazzini, Lucia Limonta, Sebastian Luque Herrera, Anna Manella, Alberto Marcello, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Antonio Perretta, Roberta Ricciardi, Paolo Rovere, Aurora Spreafico, Emilia Tiburzi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

Sono presenti scene di nudo integrale.

Federico Demitry

Che cos’è l’acquis di Schengen

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L’acquis di Schengen è l’insieme di norme e di accordi che regolano la libera circolazione dei cittadini all’interno dello Spazio Schengen. È stato integrato nel quadro dell’Unione europea nel 1999 ed è diventato legislazione dell’Unione Europea.

Il 14 giugno 1985, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi firmarono l’accordo di Schengen, stabilendo l’eliminazione progressiva dei controlli alle frontiere interne e l’introduzione della libertà di circolazione per tutti i cittadini dei paesi firmatari, di altri paesi dell’Unione europea e di alcuni paesi terzi. L’accordo prende il norme della località lussemburghese in cui è stato firmato. Il 19 giugno 1990 gli stessi cinque paesi siglarono la Convenzione di Schengen, che completa l’accordo e definisce le condizioni e le garanzie inerenti all’istituzione di uno spazio di libera circolazione. La convenzione è entrata in vigore nel 1995.

Cosa stabilisce l’acquis di Schengen

All’interno dello spazio Schengen i cittadini possono muoversi liberamente senza essere sottoposti a controlli alle frontiere. Il compito di controllare gli accessi e di assegnare i visti è affidato agli stati membri che si trovano ai confini dell’area Schengen. L’aquis di Schengen prevede anche la cooperazione e la condivisione dei dati tra le forze di polizia degli stati membri per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo. Le forze di polizia di uno stato possono intervenire sul territorio di uno stato che ha sottoscritto l’acquis di Schengen. L’intervento è limitato all’arresto di un soggetto in caso di flagranza di reato o a condizioni di emergenza.

Gli stati membri hanno la possibilità di reintrodurre dei controlli eccezionali e temporanei. Possono farlo in presenza di una “minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna” o in risposta a “gravi lacune relative al controllo delle frontiere esterne”. Quindi, l’accordo può essere sospeso solo per un periodo di tempo limitato per rafforzare le misure di sicurezza o nel caso di importanti eventi sul territorio di uno stato. L’Italia ha sospeso l’acquis di Schengen durante il G8 di Genova del 2001, il G8 dell’Aquila del 2007 e il G7 di Bari e Taormina del 2017. Dal 17 marzo 2020 l’acquis di Schengen è sospeso a causa della pandemia di Covid-19. La frontiera esterna dello Spazio Schengen è lunga più di 50mila km.

Gli stati aderenti

Oggi ventisei paesi europei, di cui ventidue dei ventisette Stati membri, fanno parte dello spazio Schengen. L’Italia ha aderito il 27 novembre 1990, il Portogallo, la Spagna e la Grecia nel 1992, l’Austria nel 1995. Dello spazio Schengen fanno parte anche quattro stati non membri dell’Unione Europea (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). L’Irlanda è il solo stato membro dell’Unione Europea a non rientrare nell’area Schengen. Partecipa alla cooperazione tra forze di polizia e alla cooperazione giudiziaria in materia penale ma mantiene i controlli alle frontiere con i paesi Schengen. Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania fanno parte dello spazio Schengen, ma mantengono i controlli alle frontiere.

Cosa prevede il Trattato del Quirinale

Questa mattina, Italia e Francia hanno firmato un patto per aumentare la cooperazione, rafforzare i rapporti bilaterali e riformare l’Unione europea. Il Trattato del Quirinale prende il nome dalla residenza del Presidente della Repubblica, dove è stato firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, e dal Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron.

I contenuti del Trattato del Quirinale

Il trattato, composto da dodici articoli, affronta diverse tematiche e sottolinea lo sforzo dei due stati per lo sviluppo di “un’Europa forte, democratica, unita e sovrana”. In ambito europeo, i due Paesi sostengono la necessità di creare delle liste transnazionali alle prossime elezioni europee e di rafforzare, in materia economica, l’autonomia strategica dell’Unione. In particolare, si intende puntare sulla produzione di semi-conduttori, batterie elettriche e servizi cloud. Ogni anno, i ministri dell’Economia e delle Finanze di Italia e Francia si riuniranno in un forum per elaborare politiche macro-economiche e industriali comuni. Molto importante è l’impegno a riformare il sistema europeo d’asilo e le regole dello spazio Schengen e a rafforzare l’agenzia europea Frontex.

I due Paesi riconfermano la centralità della NATO, definita “pilastro europeo”. Puntano allo sviluppo di una cooperazione industriale nell’industria della Difesa, con la creazione di un consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza composto dai ministri degli Esteri e della Difesa. La sfida è di agire insieme nella lotta al terrorismo e alla disinformazione e nel controllo degli armamenti.

Il Trattato del Quirinale, inoltre, descrive futuri progetti comuni di collaborazione tra le forze dell’ordine dei due Stati e di creazione di un servizio civile misto per i giovani. Ogni tre mesi, un ministro del Governo italiano parteciperà al consiglio dei ministri francese e viceversa. Italia e Francia si impegnano a cooperare nello sviluppo di tecnologie aerospaziali e nell’evoluzione dei lanciatori Ariane e Vega. Un forte impegno comune ci sarà nel controllo delle frontiere esterne. L’obiettivo è di ridurre i movimenti secondari di migrazione e di stabilire un principio di solidarietà nella gestione dei flussi migratori. Dal punto di vista culturale, si lavorerà per incentivare coproduzioni cinematografiche, per creare una piattaforma digitale di diffusione comune e per favorire la mobilità degli artisti.

Le dichiarazioni dei leader

Il trattato, che vede la luce dopo tre anni di lavoro “segna un momento storico delle relazioni tra Italia e Francia” secondo Mario Draghi. Il Presidente del Consiglio sottolinea come “noi, Italia e Francia, condividiamo molto più dei confini, la nostra storia, la nostra arte, le nostre economie e società si intrecciano da tempo. Le istituzioni che abbiamo l’onore di rappresentare si poggiano sugli stessi valori repubblicani, sul rispetto dei diritti umani e civili, sull’europeismo. La nostra sovranità, intesa come capacità di indirizzare il futuro come vogliamo noi, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni. Vogliamo favorire e accelerare il processo di integrazione europea. Le regole di bilancio in vigore fino alla pandemia, già allora non erano sufficienti. Erano regole procicliche che per certi aspetti aggravavano i problemi invece di aiutare a risolverli. Una revisione era necessaria, oggi è inevitabile“.

Il presidente Emmanuel Macron ha citato il filosofo de Montaigne, il quale “Diceva che l’amicizia è pensare: ‘Perché l’amavo? Perché era lui; perché ero io’. Ecco questo trattato lo possiamo firmare solo noi. C’è una forma evidente, ineffabile che diventa più esplicita e la dobbiamo rendere ancora più forte. Ed è questa l’amicizia fraterna che ci lega“. Sergio Mattarella guarda all’importanza a livello europeo che ha la firma del trattato: “La rafforzata cooperazione tra Italia e Francia deve avere anche l’obiettivo di portare all’interno dell’Unione europea la necessaria ambizione. La dimensione europea è l’elemento chiave in una fase in cui siamo chiamati a superare la crisi legata alla pandemia. Occorre ripartire con rinnovato slancio per affrontare con successo le grandi sfide della transizione ecologica“.

Alberto Pizzolante

Ciclamini rossi per sensibilizzare sulla violenza contro le donne

In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’Associazione Valentia ha donato all’amministrazione comunale di Vibo Valentia dei ciclamini rossi.

Nei primi giorni della prossima settimana, le piantine saranno poste nelle aiuole antistanti il comune. I membri dell’associazione hanno incontrato il sindaco di Vibo Valentia, Maria Limardo, il vicesindaco Domenico Primerano, il presidente della IV Commissione Servizi sociali Nino Roschetti e l’assessore alla cultura Daniela rotino.

Sui propri profili social, l’Associazione Valentia ha sottolineato l’importanza di condurre una rivoluzione della nostra cultura per contrastare questo fenomeno. Bisogna, combattere gli stereotipi e iniziare a raccontare questi eventi. Perché ogni donna che sopravvive alla violenza, che ne porta le cicatrici, ogni donna che passeggia da sola per strada e riceve una molestia verbale si trova in questa posizione per lo stesso identico motivo. Non ci sono abiti, mariti, amanti, nemici che tengano. Non ci sono liti, regali fiori, né ci sono troppo alcol o troppo amore. Ci sono donne, tutte quante, all’interno della società patriarcale che le vuole in ginocchio, preferibilmente silenziose e sicuramente di proprietà maschile. Ogni femminicidio si conferma come un atto di volontà di dominio e di possesso dell’uomo sulla donna, al di là della possibile volontà di indipendenza e di rottura dell’unione della donna stessa. Diciamo no alla violenza sulle donne.

La magia di Maradona nelle parole di Gianni Mura

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Ad un anno dalla scomparsa, ricordiamo Diego Armando Maradona pubblicando un meraviglioso articolo di Gianni Mura, apparso su La Repubblica il 5 novembre 1985.

Lui doveva fermare la Juve e lui l’ha fermata. La fantasia popolare non tiene conto del collettivo, parola tanto cara a Ottavio Bianchi. Un uomo solo al comando della nave dei sogni: la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Diego Armando Maradona, il suo sinistro non perdona. Dicono abbia scavalcato san Gennaro, che non ha il vantaggio di esibirsi tutte le domeniche. Pallonetto è un quartiere di Napoli, non solo la specialità di Maradona. Quasi tutti i suoi gol sono allegri e beffardi come la sua faccia, che è fin troppo ovvio definire da scugnizzo. Facce come la sua propongono finte Lacoste e finte Vuitton a Sanità, con vero entusiasmo. Che differenza con Jeppson e Krol, profeti venuti dal Nord, elevati a bandiera più per necessità che per convinzione: Napoli o altrove, per loro, era lo stesso.

[…] Adesso non è più importante sapere se Maradona è uomo-squadra: è uomo-città. Non è un giocatore del Napoli, ma di Napoli. Non il capitano del Napoli, ma di Napoli. E come tale si esprime. […] E certe caratteristiche di Maradona (il senso e la necessità della famiglia numerosa e allargata, la casa che non trova) lo napoletanizzano in proiezione esterna e lo fanno aderire sempre più strettamente alla sua città.

Maradona uomo-città: come sembrano lontane le frasi demagogiche sui miliardi per lui (tot milioni al chilo) e non per le fogne, non per gli ospedali, come se costruire fogne ed ospedali rientrasse nei compiti di un club di calcio. Maradona, “Na m’adora”, certo: ma è difficile valutare chi si sia arricchito di più (non parlo di soldi, chiaramente). Se lui, esprimendosi da primo fra gli uguali, libero di fiorire e di essere come in una gran serra a cielo aperto, o Napoli.

Il nord, le industrie: adesso a Napoli l’industria è il pubblico del San Paolo, che non basta a tenerlo tutto: 60 mila abbonati. Napoli canta ma conta, al di là dei giochi di parole e delle giocate di Maradona, del 34 che non esce mai e del 10 che esce a richiesta e dedica la vittoria alla città. Confrontata a Milano, Torino, Roma, Napoli è l’unica grande città indivisa nel tifo e quindi unanime nell’accendersi e nell’aggrondarsi. Non c’ è chi piange e chi ride: o di qua o di là. Maradona l’ha capito subito e non ha avuto bisogno di farsi forza, di venirle incontro. Gli è bastato essere se stesso: maglietta, jeans e scarpe da ginnastica, le partite a calcetto, le visite ad ammalati e carcerati.

Tutti i campioni del calcio amano il pubblico, a parole, poi ognuno al suo posto. Maradona nei bagni di folla ci guazza come un’anatra, tutti quei tifosi li sente con e per lui come lui è con e per loro, ma sul serio. Altri professionisti del pallone, anche molto bravi, non sono così coinvolti, pur non vivendo sulla torre d’avorio. Non ritengono di farsi coinvolgere, per pudore, per paura o per aridità. Maradona no, è attento e sensibile anche alle voci dal basso: non è uno che ci marcia, ma uno che ci crede. Parlando di Napoli si corre il rischio di finire nel luogo comune, che è poi quello dove molti s’incontrano. Parlando di Maradona, idem.

Raramente, credo, il nostro calcio ha mostrato un’adesione così immediata fra l’anima di una città e quella di un uomo (non di una squadra, o almeno non direi, ancora). Anche la lingua aiuta: guappo, guapo, lo capiscono anche a Baires, tango e tammurriata hanno le stesse cadenze. Maradona, artefice magico, estrae dal cilindro del suo piede miracoli a gettone. Meglio non credere più ai miracoli, Maradonapoli è oro; è ora, forse.

30 anni dalla scomparsa di Freddie Mercury

Il 29 novembre 1991, a Londra all’età di 45 anni, a causa di una complicanza dell’AIDS morì Freddie Mercury, front man dei Queen.

Dalla fuga al successo mondiale

Nato Farrokh Bulsara il 5 settembre 1946 a Zanzibar, Freddie Mercury e la sua famiglia fuggono in Inghilterra nel 1964 a causa dei disordini causati dalla rivoluzione che destituì il sultano Jamshid bin Abdullah e portò al potere l’Afro-Shirazi Party. Nel 1970 Mercury, che faceva parte del quartetto Ibex, incontra il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor. I due erano musicisti della band Smile, seguita e apprezzata da Freddie. Dopo il suo ingresso nel gruppo, il trio cambia nome in Queen e, l’anno successivo, alla band si aggiunge il bassista John Deacon.

Inutile soffermarsi sulla storia, sui grandissimi successi e sulla rivoluzione musicale della band inglese. L’ultima apparizione al completo risale alla premiazione dei Brit Awards del 1990. In quell’ occasione Freddie Mercury, già provato dalle sue condizioni di salute, si limitò a pronunciare quattro parole: “Thank You. Good Night”.

L’annuncio della malattia e la scomparsa

Le sue condizioni di salute erano note soltanto alla band e ai suoi amici più cari fino a quando, a poche ore dalla sua morte e venuta meno anche la vista, Mercury non decise di renderle pubbliche con un comunicato stampa: “A seguito dell’enorme congettura della stampa fatta nelle ultime due settimane, desidero confermare che sono stato dichiarato sieropositivo e ho l’AIDS. Ho ritenuto corretto mantenere queste informazioni private fino ad oggi per proteggere la privacy di tutti coloro che mi circondano. Tuttavia, ora è giunto il momento per i miei amici e i miei fan di tutto il mondo di conoscere la verità e spero che tutti possano unirsi a me, ai miei medici e a tutti coloro che nel mondo combattono questa terribile malattia. La mia privacy è sempre stata molto speciale per me e sono famoso per la mia mancanza di interviste. Si prega di comprendere che questa linea continuerà”.

Peter Freestone, suo assistente personale, ha spiegato il motivo che ha spinto Freddie Mercury a dare l’annuncio della sua malattia: “Sapeva che avrebbe dovuto fare quella dichiarazione, altrimenti qualcuno avrebbe potuto pensare che lui considerasse l’AIDS come qualcosa di sporco, da nascondere sotto il tappeto”. Poche ore dopo averla fatta, Mercury entra in coma. Dal 10 novembre aveva scelto di non assumere più farmaci e domenica 24, alle 18 e 48, il cuore smette di battere.

Dopo la sua ultima apparizione pubblica, prima di stabilirsi a Londra, si era ritirato in una residenza a Montreux. Da lì aveva registrato alcune tracce musicali, apparse nel disco postumo Made in Heaven del 1995. Tra questa, Mother Love, la sua ultima traccia registrata.

Suicidio assistito, la prima autorizzazione in Italia

Un paziente tetraplegico, immobilizzato da 10 anni, ha ottenuto il via libera al suicidio assistito dal Comitato etico dell’Azienda sanitaria unica regionale (ASUR) delle Marche. Lo ha comunicato l’Associazione Luca Coscioni che da anni si batte, tra le altre cose, per l’approvazione di riforme sul fine vita e che ha promosso un referendum sulla legalizzazione dell’Eutanasia.

Quattordici mesi fa Mario (nome di fantasia) ha richiesto all’azienda ospedaliera locale di poter accedere ad un farmaco letale che mettesse fine alle sue sofferenze. All’inizio, la richiesta è stata rifiutata dall’ASUR Marche. Poi, il Tribunale di Ancona ha emesso due sentenze favorevoli e Mario ha presentato due diffide all’ASUR. Finalmente il Comitato etico, sentito il parere di un gruppo di medici specialisti nominati dall’ASUR stessa, ha dato il via libera all’accesso al suicidio medicalmente assistito.

La prima applicazione della sentenza Cappato-dj Fabo

La decisione è stata possibile grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 che stabilisce che l’assistenza al suicidio non equivale all’istigazione al suicidio e che, in alcuni casi, il suicidio assistito non è punibile. Sono già trascorsi tre anni dalla richiesta della Corte Costituzionale al Parlamento, ma ancora non esiste una legge che definisca le procedure per accedere al suicidio medicalmente assistito. Non sono ancora chiare, quindi, le modalità con le quali Mario potrà sottoporvisi.

Il Comitato etico ha attestato la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte costituzionale necessarie per ottenere l’autorizzazione. Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale ed è affetto da una patologia irreversibile. Essa è fonte di sofferenze fisiche e psicologiche da lui reputate intollerabili. Il paziente è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda.

Marco Cappato: “Stop alla violenza di Stato”

“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”. Con queste parole Mario ha commentato la decisione del Comitato Etico. Deciso il commento di Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: “Mario è nelle condizioni di ottenere legalmente l'”aiuto al suicidio”. Ci hanno messo 14 mesi per accorgersene. Spero che la violenza di Stato nei suoi confronti possa ora finire”.

Filomena Gallo, uno degli avvocati difensori di Mario, ha chiarito i prossimi passaggi necessari per l’attuazione della volontà di Mario: “È molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato, per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito. Su indicazione di Mario, procederemo alla risposta all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche e al comitato etico, per la parte che riguarda  le modalità di attuazione della scelta di Mario, affinché la sentenza Costituzionale e la decisione del Tribunale di Ancona siano rispettate. Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. La sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

redazione@likequotidiano.it

Alberto Pizzolante