lunedì, Aprile 21, 2025
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Un’iniziativa per sostenere gli artisti ucraini

L’Italia è Presidente di turno del Consiglio d’Europa e nella prossima riunione dell’1 aprile, che presiederò con tutti i Ministri della Cultura, proporremo un’iniziativa collettiva di sostegno alla cultura e agli artisti ucraini“. Lo ha dichiarato il ministro della Cultura, Dario Franceschini. “È importante e significativo che il mondo dell’arte si stia mobilitando. È un momento che richiede grandi scelte, ma anche piccoli gesti. Le iniziative dei musei italiani sono importanti perché i proventi andranno alle associazioni che sostengono i profughi. Non solo. Lo sono anche perché credo che il più grande contributo che si possa dare ora sia far conoscere i suoi artisti. 

Anche all’ultima riunione dei Ministri della Cultura dell’Unione Europea abbiamo ribadito la necessità di valorizzare tutte le iniziative che possono aumentare la conoscenza degli artisti ucraini. È anche importante ospitare nei Paese europei tutti gli artisti che stanno scappando dalla guerra, garantendo loro un posto dove continuare a creare in pace”. Proprio durante la riunione informale dei Ministri della cultura europei, tenutasi ad Angers, è stata approvata una dichiarazione di massima solidarietà agli artisti e intellettuali ucraini. La dichiarazione impegna le istituzioni europee a coordinarsi per sostenerli nel proseguire il loro lavoro.

La nostra forza – ha detto Franceschini in quell’occasione – è essere uniti nelle reazioni e nelle azioni, sia nei confronti dell’atteggiamento da tenere rispetto alle presenze della Federazione Russa o di artisti russi nelle diverse manifestazioni, sia rispetto alle giuste iniziative di ospitalità di artisti ucraini, di promozione della cultura ucraina. Ogni azione è molto più forte se è un’azione di tutti. L’Italia darà un contributo in questo senso, avendo la presidenza del Consiglio d’Europa“.

Guerra, l’accoglienza dei profughi a Valico Fernetti

Save the ChildrenUNICEF sono impegnate da giorni nell’assistenza di bambine, bambini e adolescenti e delle loro famiglie in arrivo al valico Fernetti dall’Ucraina. La zona, nei pressi di Trieste, è uno dei punti di arrivo dei profughi Ucraini. Dal 4 all’8 marzo i volontari delle due associazioni sono entrati in contatto con circa 1600 persone. Gli operatori distribuiscono beni di prima necessità come kit invernali e kit per l’igiene, sensibilizzano sulla prevenzione sanitaria, fornendo anche mascherine FFP2 e gel igienizzante, oltre a cibo e acqua. La presenza di mediatori culturali consente inoltre di dare sostegno e affrontare le situazioni più difficili. Durante le ore diurne, il valico è raggiunto da un numero di profughi che varia dalle 300 e alle 600 persone. I bambini rappresentano il 40% del totale dei profughi. Una bambina arrivata domenica 6 marzo aveva appena un mese di vita.

Coordinare la collaborazione tra istituzioni e società civile

I bambini sono stremati dopo un viaggio lungo e difficile e hanno nei loro occhi la paura per quello che hanno visto“, ha commentato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Le loro mamme sono in molti casi schiacciate dal senso di responsabilità nei confronti dei figli e dalla angoscia per i familiari rimasti in patria. Oggi è fondamentale che il nostro Paese e l’Europa tutta si mobilitino per garantire ai bambini, le bambine e adolescenti e alle loro famiglie che scappano dal conflitto, accoglienza e protezione, nel rispetto dei loro diritti fondamentali.

Il nostro Paese sta rispondendo a quella che rischia di essere la più grave crisi umanitaria europea degli ultimi anni, con grande slancio e con iniziative che si moltiplicano di ora in ora. A tal fine è prioritario mettere a sistema la grande macchina della solidarietà che si è attivata in tutto il Paese. Occorre rafforzare la rete di collaborazione tra le istituzioni e tutte le organizzazioni della società civile“.

Anna Riatti, Coordinatrice della risposta in Italia per l’Ufficio Regionale UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale, ha dichiarato che “in tutte le situazioni di crisi i bambini e le bambine pagano spesso il prezzo più alto. La fuga e il viaggio pongono ostacoli alla loro protezione e li espongono al rischio di sfruttamento e violenza. Continuiamo l’azione a fianco delle istituzioni per garantire una corretta informativa nei principali punti di ingresso e transito. Lavoriamo per l’individuazione tempestiva dei minorenni e l’attivazione di canali di accoglienza che coinvolgano anche la società civile, come l’affidamento familiare. Non dobbiamo tralasciare inoltre l’importanza del reinserimento nei percorsi scolastici e i bisogni di supporto psicosociale, anche attraverso figure di mediazione linguistica“.

Calano le vendite al dettaglio e la produzione industriale

L’ISTAT ha stimato un calo congiunturale per le vendite al dettaglio a gennaio 2022 dello 0,5% in valore e dello 0,7% in volume. Diminuiscono sia le vendite dei beni alimentari (-0,1% in valore e -0,7% in volume) sia quelle dei beni non alimentari (-0,8% in valore e in volume). Nel trimestre novembre 2021 – gennaio 2022, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio sono stazionarie in valore e calano dello 0,5% in volume. Diminuiscono le vendite dei beni non alimentari (-0,6% in valore e in volume), mentre quelle dei beni alimentari aumentano in valore (+0,9%) e registrano un lieve calo in volume (-0,2%).

Su base tendenziale, a gennaio 2022 le vendite al dettaglio aumentano dell’8,4% in valore e del 7,3% in volume. A questa dinamica contribuiscono in misura prevalente le vendite dei beni non alimentari (+14,2% in valore e +14,8% in volume). Quelle dei beni alimentari, invece, registrano un aumento contenuto in valore (+2,2%) e una flessione in volume (-1,6%). Rispetto a gennaio 2021, il valore delle vendite al dettaglio cresce per la grande distribuzione (+6,1%), le imprese operanti su piccole superfici (+12,5%) e le vendite al di fuori dei negozi (+4,2%) mentre diminuisce per la componente del commercio elettronico (-2,1%).

Produzione industriale al -3,4%

A gennaio 2022 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 3,4% rispetto a dicembre. Nella media del trimestre novembre – gennaio, il livello della produzione diminuisce dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. L’indice destagionalizzato mensile segna diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: l’energia (-5,2%), i beni di consumo (-3,6%), i beni intermedi (-3,4%) e, in misura meno rilevante, i beni strumentali (-1,6%).

Corretto per gli effetti di calendario, a gennaio 2022 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 2,6%. Si registra un incremento tendenziale solo per l’energia (+1,1%). I restanti comparti mostrano flessioni, con un calo maggiore per i beni intermedi (-5,2%) e quelli strumentali (-3,5%). Meno marcato il calo per i beni di consumo (-1,5%).

I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+10,7%), la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+8,2%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+1,6%). Viceversa, le flessioni più accentuate si osservano nelle attività estrattive (-12,7%), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (-12,0%) e nelle altre industrie manifatturiere (-7,1%).

In Tigray da sedici mesi è in corso un genocidio

Un terribile disastro umanitario è in corso in Tigray, una regione settentrionale dell’Etiopia. Un genocidio che avviene in una regione lontana da noi, per nulla conosciuto. Non c’è preoccupazione, non c’è la paura di essere direttamente coinvolti nelle brutali aggressioni alla popolazione civile che da sedici mesi il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, sta portando avanti. Non ci sono manifestazioni di solidarietà, grandi mobilitazioni, raccolte fondi, dirette televisive, appelli. Il Tigray è lontano. La popolazione del Tigray non è europea, non è bianca. L’interesse dei media, come è stato candidamente dichiarato da diversi giornalisti in queste settimane, è principalmente rivolto a “quelli come noi”, agli europei bianchi e cristiani che sono bombardati. Loro sì che devono essere aiutati. Per gli altri, la guerra è normale. Lottare contro la fame è un’abitudine. Inutile fermarsi a pensare. L’Unione Europea e i cittadini europei non hanno alcuna responsabilità.

Nonostante questo, c’è la grandissima forza delle donne e degli uomini del Tigray. La voglia di giustizia dei tigrini in Europa, in Italia, a Milano. Il loro desiderio di contattare i propri familiari dopo sedici mesi di silenzio, di preoccupazione per la loro salute. “Non sappiamo se sono vivi o meno“, mi ha detto una donna tigrina da anni a Milano. Ho incontrato la Comunità Tigrina di Milano durante una manifestazione “contro tutte le guerre”, organizzata da Lotta Comunista domenica 6 marzo. La comunità del Tigray ha manifestato mostrando le terribili immagini dei corpi di donne e bambini martoriati dalla terribile guerra portata avanti da Abiy Ahmed. Ha manifestato nuovamente martedì 8 marzo, durante la mobilitazione organizzata da Non una di meno.

Da oggi, ci occuperemo di dar luce a quanto sta avvenendo in questa regione dell’Etiopia. Lo faremo dando spazio al prezioso contributo della Comunità Tigrina di Milano, partendo dalla pubblicazione dell’intervento effettuato durante la manifestazione dello scorso 8 marzo.

“La loro vita conta esattamente quanto la nostra”

Sono qui in rappresentanza della Comunità Tigrina di Milano per dare voce a tutte le donne del Tigray. Il Tigray è una regione situata nella zona settentrionale dell’Etiopia. Conta circa 7 milioni di abitanti. Dal 4 Novembre 2020 è in atto un vero e proprio genocidio nei confronti della popolazione del Tigray. Il primo ministro Etiope, Abiy Ahmed, nominato nel 2019 Premio Nobel della Pace, insieme al governo eritreo ha lanciato una sanguinosa campagna militare contro il Tigray. L’esercito etiope di Aby Ahmed e l’esercito eritreo di Isaias Afewerki sono responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella regione del Tigray.

Donne, indipendentemente dall’età (bambine, adulte ed anziane) subiscono violenza sessuale, fisica e psicologia. Queste violenze vanno avanti da più di 16 mesi nelle zone occupate da questi aggressori. Il Tigray è chiuso dal resto del mondo: senza cibo, senza cure mediche, senza elettricità, senza comunicazione. Al popolo Tigrino mancano i beni primari! Ora in Ucraina la situazione è catastrofica e i primi a soffrire sono le donne e i bambini. Siamo a fianco del popolo ucraino e di ogni popolo che soffre a causa della guerra. La stessa situazione sta succedendo in Tigray da più di un anno. Il mondo ha chiuso un occhio e ci ha lasciati per conto nostro.

In un nuovo documento del 11 Agosto 2021, Amnesty International ha denunciato che lo stupro e altre forme di violenza sessuali sono state usate come armi di guerra in Tigray. Per esempio, ci sono stati casi di stupri di gruppo all’interno di basi militari per settimane. I soldati hanno inserito oggetti come ghiaia, oggetti metallici e di plastica dentro le parti genitali, che hanno causato danni irreversibili. La gravità e la dimensione di questi reati sessuali verso le donne del Tigray sono spaventose! Le strutture sanitarie del Tigray hanno registrato circa 120.000 mila casi di violenze di genere. Questi numeri non rappresentano la reale dimensione di questi crimini dato che molte donne sopravvissute hanno riferito ad Amnesty International di non essersi rivolte a nessuna struttura sanitaria. Le conseguenze di queste azioni si sono manifestate con tanti casi di malattie sessualmente trasmissibili e danni emotivi come ansia e stress.

Vogliamo giustizia per le donne del Tigray a cui è stato sottratto il futuro! Aiutateci a fermare questo genocidio ai danni della popolazione del Tigray prima che sia troppo tardi! Questo genocidio non deve essere ignorato! Anche voi potete dare voce a queste donne, perché la loro vita conta esattamente quanto la nostra.

Alberto Pizzolante

Il gruppo GEDI venderà L’Espresso a BFC Media

Il Gruppo GEDI ha accettato una proposta dalla società L’Espresso Media srl per l’acquisto dei rami d’azienda relativi al settimanale L’Espresso e alle Guide de L’Espresso. Lo ha comunicato GEDI in un comunicato stampa. Sotto la nuova proprietà, che fa capo a BFC Media, gruppo che sta puntando sullo sviluppo di riviste periodiche, secondo GEDI “L’Espresso potrà trovare maggiore allineamento nella strategia aziendale, rispetto alla direzione evolutiva che il Gruppo GEDI ha intrapreso e sta perseguendo da anni. Una strategia centrata sull’informazione in real time per il grande pubblico e sullo sviluppo di contenuti digitali e multimediali per i quotidiani e le radio“. Per accompagnare la fase di transizione, il settimanale resterà abbinato all’edizione domenicale del quotidiano La Repubblica.

Il 4 marzo, il giornalista Marco Damilano ha lasciato la direzione dell’Espresso. Lo ha fatto dopo aver appreso, su Twitter, che il gruppo proprietario della testata intendeva vendere la stessa. Una decisione non comunicata né al direttore Damilano né al Comitato di Direzione. La testata è stata affidata alla direzione di Lirio Abbate. Il giornalista ha accettato l’incarico “per una scelta di responsabilità. Per senso del dovere e di rispetto nei confronti del gruppo di lavoro di cui mi onoro di fare parte da tredici anni.

Mai avrei pensato che tutto ciò avvenisse in queste condizioni – ha dichiarato Abbate – dopo le dimissioni del mio amico Marco Damilano che ringrazio per tutto quello che ha fatto in questi anni di direzione. Occorreva adesso dare seguito e continuità al lavoro svolto fino ad ora. Per rispetto alla redazione, ai poligrafici e ai collaboratori. Ma soprattutto ai lettori. Prendo il timone di una nave che si muove in un mare in tempesta, ma non è nel mio dna sottrarmi davanti alle sfide e alle situazioni difficili e non lo farò nemmeno questa volta.

L’Espresso si è sempre caratterizzato per le inchieste, che lasciano il segno, disturbano i potenti, ledono interessi consolidati. È il connotato tipico di questo giornale con le sue rivelazioni taglienti, intese come assolvimento d’un compito civile. E questo voglio continuare a fare. Puntando sulla difesa di chi è più debole, proseguendo la battaglia sui diritti, e contro la corruzione e il malaffare. Perché ‘la stampa serve chi è governato e non chi governa’. L’obiettivo è quindi di conservare e rafforzare la dignità originaria de L’Espresso“.

Stabile l’occupazione in Italia a gennaio 2022

A gennaio 2022 il numero di occupati è sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente. I disoccupati diminuiscono e aumentano gli inattivi. Lo comunica l’ISTAT. Il risultato deriva dalla crescita del numero di occupati tra gli uomini, tra i dipendenti permanenti, tra gli under25 e tra gli ultracinquantenni e dal calo tra le donne, tra i dipendenti a termine e tra gli appartenenti alle classi d’età intermedie. Il tasso di occupazione è stabile al 59,2%.

La diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-2,3%, pari a -51mila unità rispetto a dicembre) si osserva tra gli uomini e per tutte le classi d’età, con l’unica eccezione dei 35-49enni. Il tasso di disoccupazione scende all’8,8% nel complesso (-0,2 punti) e al 25,3% tra i giovani (-1,3 punti). La crescita del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,6%, +74mila unità) è frutto dell’aumento tra le donne e gli under50. Il tasso di inattività sale al 35,0% (+0,2 punti). Confrontando il trimestre novembre 2021 – gennaio 2022 con quello precedente, il livello di occupazione è più elevato dello 0,5%, corrispondente a 120mila occupati in più.

La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione del numero di persone in cerca di occupazione (-1,8%, pari a -41mila unità) e di quello degli inattivi (-1,4%, pari a -188mila unità). Il numero di occupati a gennaio 2022 è superiore a quello di gennaio 2021 del 3,3% (+729mila unità). Tale aumento si osserva per uomini e donne, per qualsiasi classe d’età e posizione professionale. Il tasso di occupazione è più elevato di 2,4 punti percentuali. Rispetto a gennaio 2021, diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-12,9%, pari a -326mila unità), sia l’ammontare degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-5,0%, pari a -684mila).

8 marzo, sciopero transfemminista di Non una di meno

Non una di meno ha proclamato uno “sciopero femminista e transfemminista transnazionale” per martedì 8 marzo. Non Una di Meno, insieme al movimento femminista e transfemminista in tutto il mondo, ha deciso di proclamare uno sciopero politico e sociale che coinvolge “ogni ambito delle nostre vite, ogni forma di lavoro, riconosciuto o invisibilizzato. Pertanto, questo sciopero è davvero per tutte e tutt*“.

Nel comunicato di convocazione dello sciopero, Non una di meno segnala che “nel 2021 la violenza maschile sulle donne ha fatto più di cento vittime. La violenza di genere verso le persone LGBTQIPA+ ha trovato una vergognosa legittimazione politica con l’affossamento del Ddl Zan. Lo sfruttamento delle donne nei lavori cosiddetti essenziali con la pandemia ha raggiunto livelli senza precedenti. Nello stesso tempo, è cresciuto enormemente il carico di lavoro riproduttivo e i licenziamenti e i part time involontari hanno raggiunto numeri altissimi. Il razzismo è diventato ancora più violento non solo sui confini ma anche nei posti di lavoro. Le discriminazioni che in ogni condizione di lavoro e di vita subiscono le persone LGBTQIPA+ sono sempre più diffuse. Lo sfruttamento sul posto di lavoro è così diffuso che arriva a mettere a rischio la vita di ragazze e ragazzi in alternanza scuola-lavoro.

Le politiche di ricostruzione aggraveranno le discriminazioni

La crisi economica seguita alla gestione della pandemia ha colpito prima di tutto le donne. Siamo noi a dover lavorare da casa mentre ci occupiamo di figlə in didattica a distanza. Sono i nostri salari e posti di lavoro i primi a essere sacrificati in ogni crisi economica. Ancora una volta, si chiede a noi di sopperire alle mancanze di welfare e sanità. Il mondo della scuola sta pagando un prezzo altissimo in questa fase pandemica. La pandemia ha reso evidenti problemi derivanti da carenze strutturali del sistema sanitario nazionale e della medicina territoriale. Le politiche di ricostruzione pianificate a livello europeo e nazionale non sono una risposta, ma aggraveranno le gerarchie sessiste e razziste che la pandemia ha fatto esplodere con violenza.

La precarietà impedisce di alzare la testa

La strategia per la ‘parità di genere’ impone criteri di competitività e imprenditorialità che faranno avanzare alcune donne mentre altre resteranno indietro, schiacciate dal peso della divisione sessuale del lavoro e del razzismo. La transizione ecologica non modificherà il modello economico predatorio che considera la natura e le sue risorse come un oggetto infinitamente disponibile e depredabile con ogni mezzo. Produrrà ristrutturazioni e licenziamenti che colpiranno duramente le lavoratrici e i lavorator* che, a causa del doppio carico di lavoro e delle gerarchie di genere, non avranno il tempo, il denaro e i modi di ‘riqualificarsi’. Di fronte a tutto questo, tantissime delegate hanno fatto in modo di portare lo sciopero femminista e transfemminista nei posti di lavoro e di organizzarlo. Come noi, hanno riconosciuto che la violenza patriarcale e il razzismo cambiano le condizioni del nostro sfruttamento.

Il doppio carico di lavoro ci rende più esposte ai licenziamenti. Se dobbiamo rinnovare il permesso di soggiorno, è sempre più difficile alzare la testa per non rischiare di perderlo. La precarietà a cui sempre più persone sono esposte impedisce di prendere parola e alzare la testa. Non è possibile portare avanti lotte efficaci sui posti di lavoro se non si riconosce che le molestie sessuali e le discriminazioni di genere verso le persone Lgbt*qia+ ci rendono più ricattabili e rendono più difficile lottare per migliorare i salari, gli orari di lavoro, per ottenere maggiore sicurezza.

L’importanza della forza collettiva

Da anni il movimento femminista e transfemminista transnazionale lotta per riappropriarsi dello sciopero come pratica politica che non riguarda solo alcune categorie, ma possa estendersi anche a quellə tra noi che, per generazione, tipi di lavoro, condizioni di precarietà, non avevano mai nemmeno pensato di poter dimostrare insieme una forza collettiva. Dentro e fuori i posti di lavoro. Per noi, però, la sfida è proprio questa. Conquistare la forza collettiva che ci permetta di lottare contro i salari da fame, la precarietà, la divisione sessuale del lavoro e la strutturale disparità salariale tra uomini e donne.

Lottare per ottenere un reddito di autodeterminazione che ci garantisca indipendenza economica e autonomia per sottrarci alla violenza, un welfare pubblico e gratuito, non aziendale né basato sul modello familistico che aumentano la nostra soggezione ai padroni e a mariti o padri violenti, un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, per essere liberə di muoverci e di restare. La nostra lotta per essere libere di camminare nelle strade senza avere paura e libere di rompere legami violenti, per la libertà sessuale, la contraccezione e l’aborto libero, sicuro e gratuito, per un’educazione libera da stereotipi di genere e ruoli opprimenti e imposti riguarda anche la lotta di tutte le lavoratrici e tutt* i lavoratori perché se siamo oppresse in ogni ambito della società cresceranno anche la precarietà e lo sfruttamento generali.

Garantire copertura sindacale a lavoratrici e lavoratori in sciopero

Da quando lo sciopero femminista e transfemminista si è messo in movimento nel mondo tantissime delegate, lavoratrici e lavorator* lo hanno abbracciato. Noi crediamo che i loro sindacati non possono restare indietro né voltarsi dall’altra parte. Soprattutto oggi che la ricostruzione costituisce un vero e proprio campo di battaglia. È arrivato il momento di aderire allo sciopero del prossimo 8 marzo 2022, garantendo la copertura sindacale alle lavoratrici e ai lavoratori che vorranno astenersi dal lavoro e fare tutto ciò che è necessario, in ogni settore, per sostenerlo e organizzarlo. Favorendo l’incontro tra lavoratrici e lavoratori e i nodi territoriali di Non Una di Meno, nel rispetto dell’autonomia del movimento femminista. 

“Storia delle mie ossa”, appuntamento con Francesco Leto

Nuovo appuntamento della rassegna culturale di Associazione Valentia in collaborazione con Like QuotidianoMercoledì 9 marzo 2022, alle ore 19, l’Assessore alla Cultura del comune di Vibo Valentia, Daniela Rotino, e la giornalista Teresa Pugliese, dialogheranno con Francesco Leto, autore del libro “Storia delle mie ossa“, edito da Mondadori. L’incontro è patrocinato dal Ministero della Cultura, dal Comune di Vibo Valentia, da Vibo Valentia Capitale italiana del Libro e da Regione Calabria.

Il libro

Storia delle mie ossa è un’opera lunare, ironica, struggente. Un incontro fra il Tristram Shandy di Laurence Sterne e le creature innocenti e inquietanti di Tim Burton. A fare gli onori di casa è un narratore sbrigliato e impavido, introverso ed egocentrico a un tempo, determinato a raccontarci tutto di sé, a partire dalla sua educazione sentimentale in un paese fuori dal tempo, immobile e mitologico. Un’infanzia vissuta nell’assenza del padre e accompagnata da un trittico di donne che si sono prese cura, ognuna in modo inusuale, di un bambino pelle e ossa che fin da subito ha cercato di intercettare i tranelli dell’amore.

E se è vero che impariamo l’amore da chi ci sta intorno, il protagonista dovrà carpirlo da Euridice, eterna donna bambina che si incanta davanti al poster di Luis Miguel. Dalla Pungolatrice, negoziante arcigna e lunatica, che centellina soldi e carezze. Dalla madre, la Rossa, un’eccentrica insegnante di francese col pallino dell’aerobica e del giardinaggio, i cui fiori però non fioriscono mai. In un ben orchestrato contrappunto tra rievocazione del passato e presente in Francia, dove dà lezioni private di italiano a un ragazzo di cui è segretamente innamorato, il bambino, ormai adulto, capisce di essere un rifugiato sentimentale, sempre alla mercé di un amore che si fa ossessione e frenesia e di un tempo interiore che passa dal “fu” al “sarà” in un batter di ciglia.

E sulla sua panchina assolata nel parco di Villemanzy – meta di interminabili passeggiate da flaneur contemporaneo – che il protagonista vive la propria epifania. Nemmeno l’amore è un assoluto senza incrinature e diventa parodia di se stesso, perché ogni amore è furioso e insieme ridicolo. Un romanzo inusuale e delicato, divertente, che si snoda con eleganza a partire da uno sguardo eccentrico e anticonformista.

L’autore

Francesco Leto è nato a Cirò Marina nel 1983, in provincia di Crotone. Fin da piccolo ha sempre avuto una predisposizione per il mondo della letteratura, preferendo la lettura di un buon libro ai calcoli matematici. Il suo primissimo romanzo, con cui è stato candidato al Premio Strega, è del 2013 e si intitola Suicide Tuesday.

La presentazione di Storia delle mie ossa sarà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook di Like Quotidiano e sui canali Facebook e YouTube di Associazione Valentia.

Rassegna parlamentare: settimane 21 febbraio – 6 marzo

L’analisi dei principali temi trattati dai parlamentari alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica dal 21 febbraio al 6 marzo.

Ergastolo ostativo

Approda in aula il testo sulle modifiche all’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, che regola l’ergastolo ostativo. L’ergastolo ostativo, anche detto “fine pena mai”, consiste non solo in una condanna perpetua al carcere, ma anche in uno speciale regime di isolamento. Il condannato può usufruire dei benefici solo se collabora con la giustizia. Tra tutti i detenuti condannati all’ergastolo, il 70% è condannato all’ergastolo ostativo e quasi mai collabora con la giustizia. E proprio questa condizione perenne di isolamento, oltre ad essere peculiare dell’ordinamento penitenziario italiano, è stata recentemente ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale. La corte, infatti, l’ha ritenuta in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e ha dato un anno di tempo al parlamento per legiferare sulla materia.

Il nuovo testo, quindi, cerca di contrastare quella che è stata ritenuta dalla Corte una violazione dei diritti umani. Si prevede la possibilità di dare benefici ai detenuti condannati per mafia e terrorismo, ma i paletti rimangono comunque molto stringenti. Sarà il pm che ha emesso la sentenza, non il giudice di sorveglianza, a prendere la decisione. Inoltre, bisognerà accertare che sia stato reciso completamente il legame tra il detenuto e la realtà mafiosa, analizzando anche il patrimonio economico e immobiliare. Non sono previsti benefici qualora la collaborazione con la giustizia dovesse riguardare fatti ritenuti poco rilevanti e dovranno passare 30 anni di ergastolo prima di poter chiedere di usufruire dei benefici penitenziari.

Obbligo vaccinale per gli over 50

La Camera ha approvato, in prima lettura, il Decreto Covid del 7 gennaio che prevede l’obbligo vaccinale per gli over 50. Prima dell’approdo in Aula, in Commissione Affari Sociali la Lega ha depositato un emendamento che chiedeva di eliminare il Green Pass dal 31 marzo 2022, data in cui scadrà lo stato di emergenza per pandemia. In aula si sono precipitati molti deputati M5S non membri della commissione ma favorevoli all’abolizione del Green Pass. Hanno cercato di convincere i colleghi a votare a favore dell’emendamento. L’M5S stava infatti per votare a favore, ma alla fine i parlamentari hanno tenuto fede al parere contrario del governo.

L’astensione di cinque deputati di Forza Italia ha portato alla bocciatura dell’emendamento. Il partito, pur concorde nel merito, preferisce seguire la linea del governo su una graduale abolizione delle misure anti-contagio. I parlamentari hanno approvato il decreto dopo la richiesta di fiducia (la n. 41 dalla nascita del governo Draghi) e la Lega ha votato a favore in occasione del voto nominale, ma si è astenuta nel voto elettronico finale (in CDM aveva invece votato a favore).

Discussioni d’aula

Il Senato ha votato la relazione della commissione immunità parlamentari in merito alla richiesta di Matteo Renzi di sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti dei PM di Firenze. I PM hanno usato messaggi, estratti conto ed e-mail del senatore nell’inchiesta sulla fondazione OPEN. Secondo l’inchiesta, la fondazione sarebbe stata usata come mezzo per finanziare in maniera illecita il Pd ai tempi in cui Renzi ne era il segretario. L’approvazione è avvenuta con 167 Sì e 76 No; hanno votato tutti a favore (quindi dalla parte di Renzi, contro i magistrati), tranne M5S, LeU, il senatore Gregorio De Falco e gli ex 5S all’opposizione.

La Camera ha votato due mozioni a tema medico. La prima mozione (a prima firma Fabiola Bologna, CI) riguarda le malattie reumatiche e impegna il governo a usare i soldi del PNRR per superare le disparità territoriali concernenti le esigenze dei pazienti cronici reumatologici. La seconda riguarda i disturbi dello spettro autistico (a prima firma Virginia Villani, M5S) e, tra le varie iniziative, impegna il governo a: creare poli ad alta specializzazione con delle equipe multidisciplinari per garantire una diagnosi precoce; garantire dei professionisti ben formati sul tema, prendendo spunto dalla Rete D.a.m.a. (Disabled Advanced Medical Assistance); legiferare sulla figura del caregiver familiare con una legge ad hoc; intervenire sulla definizione di autismo del DSM-5, in quanto, in un allegato a un decreto del 2017 in materia di LEA tra le psicosi, i disturbi dello spettro autistico sono stati inseriti erroneamente tra i disturbi del neuro-sviluppo.

Paolo Abete

Il mistero della morte del negoziatore Denis Kireev

Denis Kireev, membro della squadra negoziale ucraina, è morto. Questo sembra essere certo. Non sono per nulla chiare le cause della sua morte. Secondo alcuni media, Kireev era una spia russa e sarebbe stato ucciso dai servizi segreti ucraini (Sbu). Denis Kireev sarebbe stato ucciso durante un tentativo di arresto o sarebbe stato giustiziato all’ingresso di un tribunale nel centro di Kiev. Un tweet del comando delle forze armate ucraine ha invece spiegato che l’ex negoziatore non era una spia russa, bensì una spia ucraina. Secondo l’esercito, l’uomo sarebbe caduto mentre svolgeva compiti speciali. Il suo sacrificio, scrive l’esercito, “avvicinerà l’Ucraina alla vittoria“.

Denis Kireyev era un banchiere. Dal 2006 al 2008 ha lavorato presso SCM Finance, dove ha ricoperto la carica di vicedirettore generale. Ha poi lavorato per l’azienda austriaca GROUP SLAV AG Klyuyev. Dal 2006 al 2012 è stato anche componente del Consiglio di Sorveglianza di Ukreximbank. Dal 2010 al 2014 ha ricoperto la carica di Primo Vice Presidente del Consiglio di Oschadbank.

Il nome di Kireev non compariva nell’elenco della delegazione ufficiale del governo ucraino che ha partecipato al negoziato. Denis Kireev, come riporta Obozrevatel, era un uomo vicino ad Andriy Klyuyev, persona di fiducia dell’ex presidente filo-russo Victor Yanukovich. Andriy Klyuyev è noto per le sue attività volte alla destabilizzazione dell’Ucraina a favore dei filo-russi. Secondo i media russi, l’omicidio è un atto intimidatorio indirizzato ai negoziatori ucraini. Il presidente della Commissione esteri della Duma russa, Leonid Slutsky ha dichiarato che “non sono ancora chiare informazioni sul fatto che Kireyev sia stato effettivamente ucciso“.