martedì, Dicembre 24, 2024
Home Blog Page 12

Superlega: la Corte europea rompe il monopolio UEFA

0

«Le norme della Fifa e della Uefa sull’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche interclub, come la Superlega, violano il diritto dell’Unione Europea». Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea esprimendosi sul ricorso promosso dalla Superlega contro il monopolio di Fifa e Uefa sull’organizzazione delle competizioni calcistiche internazionali.

Secondo la Corte europea, le regole di Fifa e Uefa che subordinano qualsiasi nuovo progetto di calcio interclub alla loro previa approvazione e vietano a club e giocatori di giocare in tali competizioni sono illegali. Inoltre, le regole che conferiscono alla Fifa e alla Uefa il controllo esclusivo sullo sfruttamento commerciale dei diritti relativi a tali competizioni sono tali da limitare la concorrenza, data la loro importanza per i media, i consumatori e gli spettatori televisivi nell’Unione europea.

Infine, la Corte ritiene che, qualora un’impresa in posizione dominante abbia il potere di determinare le condizioni in cui le imprese potenzialmente concorrenti possono accedere al mercato, tale potere deve, tenuto conto il rischio di conflitto di interessi che dà luogo, essere soggetto a criteri idonei a garantire che siano trasparenti, obiettivi, non discriminatori e proporzionati. Tuttavia, i poteri della Fifa e della Uefa non sono soggetti a tali criteri. Fifa e Uefa stanno, quindi, abusando di una posizione dominante.

Il nuovo progetto Superlega

Dell’originario gruppo di 12 club che nell’aprile 2021 avevano varato la Superlega, sono rimasti in campo solo Real Madrid e Barcellona. I due club sono associati in una Società di Superlega Europea (ESLC), supportata dall’agenzia di marketing A22.

Dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE, A22 Sports Management ha annunciato il nuovo progetto della Superlega: si tratta di un torneo da 64 squadre, divise in tre leghe, con meccanismo di promozione e retrocessione tra le divisioni. Nel primo anno della competizione, i club saranno selezionati in base a un indice con criteri trasparenti e basati sulle prestazioni. Il progetto prevede anche una piattaforma streaming per la visione gratuita di tutte le partite.

Mattarella: «Stridono le ricchezze di pochi a fronte del disagio di tanti»

Si è svolta al Palazzo del Quirinale la tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con i rappresentanti delle Istituzioni, delle forze politiche e della società civile. Alla cerimonia, nel Salone dei Corazzieri, hanno presenziato il Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa e il Presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera. Dopo l’indirizzo di saluto del Presidente del Senato La Russa, il Presidente Mattarella ha rivolto un discorso ai presenti. Ne pubblichiamo integralmente il testo.

Quello che stiamo vivendo è un tempo, per un verso, affascinante, di grande cambiamento ma anche difficile, travagliato, per più aspetti drammatico. Il post pandemia, con gli effetti prodotti a tutti i livelli nelle nostre comunità, da quelli umani a quelli economici, sociali e psicologici, soprattutto per i più giovani. Le guerre. Quella che da due anni coinvolge l’Europa e che, con la inammissibile aggressione dell’Ucraina da parte della Russia – con un immenso numero di vite umane perdute e immani distruzioni inferte al territorio – ha improvvisamente sgretolato la certezza che la pace nel nostro continente, dopo la tragedia dei due conflitti mondiali, fosse acquisita una volta per tutte.

La guerra che, da settimane, infiamma il Medio Oriente, con la sanguinosa e brutale aggressione terroristica di Hamas a Israele e con le azioni militari a Gaza, che stanno costando un numero inaccettabile di vittime civili, in uno scenario che rende sempre più grave la condizione umanitaria in quei territori.

Mattarella: «I cambiamenti in atto presentano potenzialità e rischi»

Gli effetti dirompenti del cambiamento climatico, che, nel corso di quest’anno, abbiamo purtroppo toccato con mano, ancora una volta, vivendo la devastazione prodotta da alluvioni e inondazioni, come è accaduto in ampie zone di Emilia Romagna e Toscana. Si allargano intanto i divari sociali: alle vecchie diseguaglianze se ne aggiungono di nuove, nei campi del digitale e della conoscenza. E stridono le gigantesche ricchezze appannaggio di pochi a fronte del disagio di tanti, con una distanza mai prima registrata né in Italia né altrove. Si tratta di fenomeni globali che entrano prepotentemente nella vita delle nostre comunità e in quella quotidiana di ciascuno. Se questo è lo scenario in cui siamo immersi, su quali presupposti possiamo guardare insieme al domani senza cedere all’angoscia ma anzi recuperando un sentimento di fiducia nel futuro?

Penso che sia utile riflettere sul filo che lega eventi diversi. Sarebbe un errore tenerli del tutto distinti o considerarli soltanto come la coincidenza di sfortunate contingenze: vanno invece, valutati nel loro insieme ed esaminati con altri fattori, a partire dal prepotente avvento delle nuove tecnologie, tra cui spicca l’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale. Tutto questo ci pone di fronte a ciò che appare come un tornante della storia. Un cambiamento che mette in discussione gli equilibri precedenti, i modelli di sviluppo: quelli sociali, quelli culturali e persino quelli antropologici. La crisi geopolitica rischia di travolgere il precedente equilibrio mondiale, l’ordine mondiale disegnato decenni addietro senza che se ne veda all’orizzonte uno nuovo. E questa condizione di fragilità si registra in un’epoca in cui irrompono fenomeni che imprimono al cambiamento una velocità inedita, che rappresenta essa stessa un fattore con il quale misurarsi.

Il combinato di tecno-scienze e dei mutamenti nella architettura economico-finanziaria può produrre disorientamenti e sconvolgimenti ben superiori a quelli che si manifestarono all’inizio dell’Ottocento con la prima rivoluzione industriale. Questa rivoluzione – di questi nostri tempi – è enormemente più profonda, più veloce, globale. Il cambiamento in atto presenta potenzialità e rischi. Ha effetti concreti sulla vita delle persone. Tocca diversi ambiti e pone interrogativi nuovi che hanno profili giuridici, economici, sociali: rappresentano la sfida più alta sulla quale la politica è chiamata a esercitare la sua responsabilità. Qualche esempio.

Necessario regolamentare gli strumenti dell’Intelligenza Artificiale

Le grandi opportunità che il progresso scientifico ci pone a disposizione, con sempre nuovi positivi strumenti, come – appunto – l’intelligenza artificiale e, prima di questa, le piattaforme informatiche che utilizziamo ogni giorno. Pensiamo alle importanti applicazioni della stessa intelligenza artificiale e delle nuove preziose capacità di calcolo in campo sanitario, nella diagnostica, nella cura di malattie che sembravano incurabili. O alle grandi potenzialità delle nuove tecnologie nel campo energetico, in agricoltura, nella transizione verso modelli di sviluppo ecosostenibili, nella lotta alla fame. Dell’intelligenza artificiale bisogna, peraltro, anche valutare con attenzione gli effetti sul mercato del lavoro. Recenti studi prevedono che la diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale generativa possa determinare l’automazione, almeno parziale, di ampia parte degli attuali posti di lavoro. L’automazione comporterà sicuramente anche la creazione di nuovi posti di lavoro ma in quale numero e di quale livello è assolutamente imprevedibile.

Questo non può indurre a rifiutare di accogliere le nuove condizioni tecnologiche e le opportunità che esse offrono ma porrà, con sempre maggior forza, l’esigenza di riqualificare e ricollocare i lavoratori dei settori in contrazione. Sotto altro profilo va considerato che la gestione delle tecnologie più avanzate è, nei fatti, patrimonio esclusivo di poche grandi multinazionali che, oltre a detenere una quantità imponente di dati personali – talvolta artatamente carpiti – possono condizionare i mercati, incluso quello che, abitualmente, loro stesse definiscono il mercato della politica. È inevitabile, verosimilmente, che gli operatori dominanti in questo settore abbiano grandi dimensioni perché quelle attività richiedono capacità, dati, infrastrutture tecniche e risorse economiche che soltanto un numero estremamente ristretto di soggetti può assicurare ma vi è l’esigenza di regole – non ostacoli ma regole a garanzia dei cittadini – per evitare che pochi gruppi possano condizionare la vita di ciascuno di noi e la democrazia.

Attraverso un uso distorto della tecnologia, si riesce, già oggi, ad alterare, in maniera difficilmente avvertibile, dichiarazioni, video, filmati, isolando frasi, rimontando abusivamente. Con l’intelligenza artificiale è possibile produrre scenari virtuali apparentemente credibili ma totalmente ingannevoli. È concreto il rischio di trovarsi in futuro a vivere in dimensioni parallele, in cui realtà e verità non siano distinguibili dalla falsità e dalla manipolazione: ne risulterebbe travolto lo spirito critico. E, con esso, la libertà che si trova alla base dei diritti di ciascuno. Il fenomeno deve essere, pertanto, regolato, necessariamente e urgentemente, nell’interesse – ripeto – delle persone, dei cittadini, ma sappiamo che questa esigenza fondamentale incontra difficoltà a causa delle dimensioni e del potere di condizionamento degli operatori del settore.

La recente iniziativa sulla Intelligenza Artificiale avviata dalle istituzioni europee va nella giusta direzione, ponendosi il decisivo problema della tutela della privacy e della libertà dei cittadini. Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro “1984” di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del novecento. Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini.

Porre attenzione ai fenomeni di concentrazione di potere

Altro tema, di grande rilievo per la portata dei mutamenti in atto, è quello della tassazione. Un recente rapporto dell’Osservatorio fiscale dell’Unione europea fornisce in proposito alcuni dati allarmanti. Nel 2022 più della metà delle entrate delle imprese statunitensi risultavano contabilizzate nei paradisi fiscali: cinquanta anni fa, nel 1970, questa percentuale era prossima a zero. Nel 2021, 140 Stati hanno convenuto di istituire una global minum tax sulle imprese multinazionali, ma gli Stati Uniti e numerose altre nazioni tra le più ricche non hanno dato adeguata attuazione a quella misura. Molti tra i detentori di grandi capitali del pianeta, persone e aziende, riescono a eludere quasi integralmente gli obblighi fiscali, soprattutto nei servizi all’informazione, oggi settori di punta e in continua crescita.                                          

Si tratta di un’altra questione che riguarda direttamente l’espressione della sovranità dei cittadini, ai quali viene chiesto di concorrere al finanziamento delle attività statuali in quanto titolari di diritti; mentre, contemporaneamente, vi è chi ritiene di potersi sottrarre a quel dovere, disconoscendo ruolo e natura dello Stato, talvolta avvalendosi di legislazioni compiacenti di alcuni Paesi. Assistiamo a vari fenomeni di concentrazione di potere che si articolano in circuiti diversi da quelli tradizionali, spesso alternativi a quelli tipici delle prerogative statuali. Tra questi, la privatizzazione della forza: molte guerre vengono combattute da milizie private che si affiancano agli eserciti o li sostituiscono. Dimensioni come lo spazio o l’ambito sottomarino sono, sempre più spesso, terreni dove si combattono conflitti fra interessi privati, fuori dal controllo degli stati.

Oligarchi di diversa estrazione si sfidano nell’esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari (con implicazioni militari) e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo, sempre più spesso, come veri e propri contropoteri. Il fenomeno non è nuovo nella storia. Già in passato, anche lontano, grandi corporazioni si sono trovate a condizionare l’azione di governi, se non degli Stati. Con l’avvento della democrazia gli Stati non dipendono più da singoli interessi. E non deve accadere. È alla politica, alle democratiche istituzioni rappresentative che vanno affidate le scelte e le decisioni che incidono sulla vita sociale e sulla libertà dei cittadini non alle strategie di grandi gruppi finanziari in base ai loro interessi, che vanno rispettati ma nell’ambito delle regole che devono osservare per tutelare i valori fondamentali della convivenza civile.

Mattarella: «Il pluralismo non è confronto tra propagande»

Insomma, mai come in questo tornante della storia dell’umanità, il confine tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, tra vero e falso, dipende dalle nostre scelte. Dalla nostra capacità di leggere il cambiamento in atto per orientarlo. E farlo con la guida dei principi irrinunciabili della nostra civiltà. Nulla può essere dato per scontato. La pace innanzitutto. Ma anche la democrazia, i valori su cui si fonda. A cominciare dall’idea di libertà. Libertà di essere; libertà di pensare e parlare; libertà di accedere a fonti di informazione indipendenti, non manipolate. Il pluralismo non è confronto tra propagande. Libertà di concorrere alle decisioni; libertà di agire; libertà di muoversi; libertà di dire no a ogni sopraffazione. Occorre contrastare con forza, e insieme, i fenomeni di violenza che si manifestano in vari ambiti della società, in particolare scuote le nostre coscienze – ed è intollerabile – la violenza degli uomini sulle donne.

Senza dimenticare che forte, efficace, contrasto viene fornito dalle tante, diffuse e preziose forme e iniziative di solidarietà, il cui messaggio importante, di esempio, nella narrazione dei media e dei social, finisce sovente per essere oscurato. Il modello culturale occidentale, particolarmente quello europeo, che è stato costruito a presidio di questi valori appare, quindi, sfidato. Pertanto contrastare quel che può insidiare le nostre libertà è, oggi, l’impegno prioritario che si pone davanti a noi. Nel nostro vocabolario comune è entrata da qualche tempo la parola transizione. Racconta il nostro viaggio collettivo verso il futuro. E come sempre accade questo cammino può comportare dubbi, incertezze, resistenze, paure. Ma nel patrimonio comune del nostro popolo, nelle coscienze degli italiani, sono radicati i principi e i valori che danno senso all’idea di libertà come ce la presenta la nostra Costituzione, di cui abbiamo celebrato i 75 anni.

Il ruolo centrale della comunità

La libertà come premessa di pace, giustizia, eguaglianza, democrazia, coesione sociale, dialogo, tolleranza, solidarietà. Dal rispetto della libertà di ciascuno discendono le democratiche istituzioni, l’equilibrio fra i poteri, il ruolo fondamentale del Parlamento, l’imparzialità, principio guida della pubblica amministrazione, unitamente al suo dovere di efficienza e di competenza. Su queste qualità, su questi doveri della funzione pubblica, si fonda la garanzia di libertà dei cittadini e dunque la loro fiducia nelle istituzioni. I presupposti etici e civili della democrazia vivono nei sentimenti della comunità. Le paure possono attenuare il senso di solidarietà e quindi il desiderio di partecipazione, possono affievolire la fiducia necessaria per farsi artefici del futuro. Non possiamo trascurare l’attuale preoccupante flessione della partecipazione al voto, essenziale per la legittimazione delle istituzioni.

Fiducia – partecipazione – democrazia sono anelli inseparabili di un’unica catena. Sottolineano il valore dell’attivo coinvolgimento nella vita della Repubblica in tutti i suoi aspetti. Da qui l’appello alla responsabilità di tutti: ciascuno è chiamato a fare la sua parte. E dunque è questa la base della nostra comune speranza. Abbiamo saputo affrontare momenti difficili, anche in tempi recenti della nostra storia repubblicana. Li abbiamo superati grazie anzitutto al senso di unità e alle qualità presenti nel nostro popolo. Ho fiducia nell’Italia. Che ha le risorse per affrontare il tempo nuovo. Nell’anno che sta per iniziare, il nostro Paese assumerà la presidenza del G7. Sarà una grande opportunità per favorire soluzioni più avanzate su cruciali questioni globali, quali il governo delle migrazioni, la sicurezza alimentare e, appunto, la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. 

A tutti voi, che rappresentate tante persone che, quotidianamente, lavorano con dedizione per far funzionare al meglio le nostre istituzioni; alle donne e agli uomini che indossano la divisa e, in patria e all’estero, con il loro servizio rendono più forte la reputazione dell’Italia; a tutti i nostri concittadini di ogni età che compiono, ogni giorno, il loro dovere, fornendo, con senso di responsabilità, un contributo silenzioso  ma essenziale alla nostra convivenza, a tutti, assieme al ringraziamento della Repubblica, rivolgo l’augurio di continuare a credere in ciò che ci rende donne e uomini liberi. Auguri per il Natale e il nuovo anno!

Jonadi, a lezione di disostruzione pediatrica con il primario Braghò

0

Insegnare a genitori poche e semplici mosse che possono salvare la vita del proprio bambino. È questo l’obiettivo della lezione interattiva di primo soccorso e disostruzione pediatrica, che si terrà a Jonadi giovedì 21 dicembre alle ore 17:00 presso l’auditorium della Chiesa di Gesù Salvatore, organizzata dal comitato provinciale dell’Unicef e con il patrocinio del Comune di Jonadi. La lezione sarà a cura del primario del reparto di Pediatria dell’ospedale civile di Vibo Valentia, Salvatore Braghò. L’ingresso è libero e gratuito ed è previsto anche il servizio baby sitter per le mamme presenti con bimbi piccoli.

Lo scopo è quello di informare, far conoscere i rischi relativi soprattutto al soffocamento e come evitarli. Le manovre di disostruzione pediatrica, conosciute anche come manovre antisoffocamento, sono procedure utilizzate in caso di ingestione, da parte del bambino, o del lattante, di corpi estranei che ostruiscono totalmente o parzialmente le vie aeree. L’ingestione di corpi estranei, per lo più alimenti o piccoli oggetti, può essere evitata attraverso una buona prevenzione, ma è essenziale conoscere queste manovre (dette anche manovre salvavita) perché in caso di incidenti o distrazioni, la capacità di intervenire in maniera tempestiva può davvero salvare la vita dei bambini. Imparare le manovre salvavita può dunque fare davvero la differenza.

«Preferisco il rumore del mare» che dice fare e disfare

0

Il 13 gennaio del 2017 è un venerdì, una settimana esatta dall’Epifania che tutte le feste si porta via. Il filosofo Mark Fisher, autore di Realismo Capitalista, si toglie la vita. Sulla sua morte, Franco Bifo Berardi ha scritto: «Nelle cose che ho letto di Mark Fisher c’è insieme la coscienza del carattere sociale e storico della depressione, effetto doloroso del “there is no alternative”, (che in realtà vuol dire “there is no way out”) e la rabbiosa coscienza dell’inaccessibilità del corpo dell’altro, cioè di un’empatia che rende possibile la solidarietà sociale, la complicità delle persone libere contro il potere».

Ed effettivamente l’opera di Fisher è in questo senso rivoluzionaria. Suo è il pensiero che le patologie mentali, come quelle fisiche, abbiano delle ragioni che non sono solo individuali, ma legate all’ambiente; che la depressione, cui Fisher ha dedicato molto spazio nei suoi articoli, non è solo un problema che inizia e finisce con l’individuo, ma che ha a che fare con la collettività. Suo lo sconfessamento dell’atomizzazzione degli individui propagandato come realizzazione personale, sua la lucida denuncia contro i demolitori del welfare, contro la precarizzazione che da lavorativa diventa esistenziale, contro l’ideologia del cosiddetto volontarismo magico, per cui “tutto dipende da te”, “se lavori duro ce la farai, e se non ce la farai sarà solo colpa tua, perché non hai lavorato abbastanza”, “se vuoi, puoi”: just do it!

Fisher muore suicida poco dopo le vacanze di Natale del 2017. Leggendo i suoi scritti, forse, qualcuno potrebbe dirlo vittima di un sistema economico altamente disfunzionale, che si alimenta non grazie, ma a scapito degli esseri umani. 

BALT: Preferisco il rumore del mare

Lo spettacolo Preferisco il rumore del mare della compagnia Balt mette al centro questo difficile discorso a partire dal lavoro. In scena, ospiti del Teatro Linguaggicreativi di Milano, due figure “di beckettiana memoria”, Eleonora Paris e Alessandro Balestrieri, che incarnano gli archetipi della Disoccupata e del Lavoratore, opposti dalle vite divorate dalla precarietà lavorativa, da un sistema economico che chiede di essere sempre performanti e da un paradigma ideologico che ha annullato qualsiasi tipo di valore che non sia riconducibile alla produttività.

In fondo alle loro esistenze lo stesso senso di vuoto, che emerge nel rapporto contabile col tempo. Come farò a sfruttare il mio tempo? Ho due ore libere, come posso riempirle? Cosa faccio con il mio tempo? Domande che forse in molti si saranno trovati a farsi e che sottendono un’ansia pienamente riconducibile alla dimensione economica del guadagno e della perdita. Risuonano le parole d’ordine di quel volontarismo magico “Sei tu che decidi che vuoi essere” e ancora “La gente crolla perché non ci crede abbastanza”. L’importante, insomma, è non fermarsi mai, perché un giorno arriveremo, un giorno avremo tutto quello che vogliamo.

Uno scenario che avrebbe del tragico, se non fosse così contemporaneo. Le vite di tanti, forse, hanno preferito «il rumore delle metro affollate a quello del mare» e si producono per «non sentire il peso delle aspettative». Anche per questo, il titolo dello spettacolo è in realtà forse programmatico nel suggerire un cambio di rotta, auspicabile, anche se questo vorrà dire sottrarsi, fare i conti con il senso di colpa dell’improduttività, risultare dissonanti, diversi. Così come dissonante e diverso era il poeta orfico Dino Campana, che all’ansia di fare moderna, ricorda: «Fabbricare, fabbricare, fabbricare / preferisco il rumore del mare / che dice fare e disfare». 

Info tecniche

Preferisco il rumore del mare è un progetto di Balt co-prodotto da Teatro della Caduta con Alessandro Balestrieri ed Eleonora Paris, vincitore della menzione speciale del premio Pancirolli 2022 e del premio Emergenze Artistiche – Strabismi Festival 2022. La drammaturgia è di Alessandro Balestrieri, Francesca Mignemi e Eleonora Paris. Le musiche originali di Francesco Altilio

Preferisco il rumore del mare è stato in scena a Milano al Teatro Linguaggicreativi dal 15 al 17 dicembre per la rassegna Un disperato entusiasmo.

Per un approfondimento sul pensiero di Mark Fisher si consiglia la lettura di Realismo Capitalista edito in Italia da Produzioni Nero. Raccolte dei suoi articoli sono pubblicate in Italia per minimum fax.

A Tropea il Festival del Sud dona una biblioteca di book sharing

0

Oggi, nella sua tappa a Tropea, il Festival del sud – Valentia in Festa ha compiuto un significativo passo avanti nel suo impegno verso la diffusione della cultura. In questa occasione, la comunità di Tropea ha celebrato con grande entusiasmo la donazione di una nuova biblioteca di book sharing presso il plesso centrale della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Don Mottola”. Questo spazio culturale, arricchito dalla generosa donazione di numerosi testi dalla casa editrice Libritalia, non sarà solo un simbolo di conoscenza ma sarà anche prontamente fruibile dalla cittadinanza già nei prossimi giorni.

Questa donazione rappresenta un significativo avanzamento per l’infrastruttura educativa e culturale di Tropea. L’approccio di book sharing adottato, che incoraggia la condivisione e l’accessibilità ai libri, permetterà, specialmente ai giovani studenti, di immergersi nella lettura e nell’apprendimento, superando le barriere economiche o sociali che spesso limitano l’accesso alla cultura.

Il Festival del sud – Valentia in festa, attraverso il suo percorso itinerante, continua a tessere legami di unità culturale e di celebrazione delle diverse tradizioni locali. Ogni tappa diventa un momento di condivisione e di valorizzazione delle peculiarità locali, arricchendo il tessuto culturale di ogni comunità che visita. In questo contesto, la nuova biblioteca a Tropea emerge come un esempio luminoso dell’impegno del festival nell’abbattere le barriere all’accesso culturale, promuovendo la lettura e lo scambio intellettuale.

L’evento di oggi a Tropea rafforza il ruolo del Festival del sud – Valentia in Festa come catalizzatore di iniziative culturali importanti, evidenziando l’importanza dell’arte e della letteratura nel nostro mondo contemporaneo. Il festival dimostra che la cultura non è solo un mezzo per connettere le persone, ma anche un potente strumento per la crescita personale e collettiva, un valore che Tropea ha saputo accogliere e valorizzare con questo nuovo spazio culturale.

Progetto finanziato con risorse PAC 2014/ 2020- Az. 6.8.3. , questo festival rappresenta un esempio concreto di come le risorse europee possano essere impiegate per promuovere la cultura e la sostenibilità ambientale a livello locale. Con la sua tappa a Tiriolo, il Festival del Sud-Valentia prosegue il suo percorso attraverso la Calabria, diffondendo ovunque un messaggio di responsabilità ambientale e di valorizzazione culturale.

Tiriolo accoglie il Festival del Sud: un incontro tra cultura e impegno ambientale

0

Nella pittoresca cornice di Tiriolo, si è svolta ieri una delle tappe del Festival del Sud – Valentia in Festa, un evento itinerante che rappresenta una fusione unica di cultura, musica, arte e impegno ambientale. L’evento ha messo in luce la bellezza e l’importanza dell’ambiente, coinvolgendo la comunità di Tiriolo in una serie di attività dedicate alla sensibilizzazione e alla cura del territorio. Una delle iniziative più significative è stata la riqualificazione di un’area verde nel cuore del paese, attorno all’aiuola del pioppo secolare di Piazza 4 Novembre, un albero storico che, secondo la tradizione locale, sarebbe stato piantato da Garibaldi.

Questa iniziativa di valorizzazione del patrimonio verde urbano ha visto la partecipazione attiva di numerosi volontari e dell’amministrazione comunale, nella persona del consigliere comunale Francesco Guzzo. Il loro impegno testimonia l’importanza della collaborazione tra comunità locali e istituzioni per la tutela e la promozione dell’ambiente. Il Festival del Sud –Valentia in Festa, descritto come il più grande festival itinerante della Calabria, è un crocevia di culture, arte, musica e dialogo ambientale, arricchito dalla presenza di ospiti internazionali provenienti da diversi ambiti​​. L’evento di Tiriolo non solo ha offerto momenti di riflessione e divertimento, ma ha anche evidenziato il legame indissolubile tra l’uomo e la natura, sottolineando l’importanza di azioni concrete per la sua protezione.

Progetto finanziato con risorse PAC 2014/ 2020- Az. 6.8.3. , questo festival rappresenta un esempio concreto di come le risorse europee possano essere impiegate per promuovere la cultura e la sostenibilità ambientale a livello locale. Con la sua tappa a Tiriolo, il Festival del Sud-Valentia prosegue il suo percorso attraverso la Calabria, diffondendo ovunque un messaggio di responsabilità ambientale e di valorizzazione culturale.

D.i.Re: «Basta al patriarcato muscolare di questo governo»

D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza è stata tra le associazioni protagoniste della manifestazione del 25 novembre, convocata a Roma da Non una di meno. In piazza, l’associazione ha avuto modo di sottolineare come, nel contrasto alla violenza contro le donne, non siano necessaria nuove leggi, ma sia sufficiente l’applicazione di quelle esistenti. Per D.i.Re, è necessaria la formazione di tutte le operatrici e gli operatori che hanno a che fare con situazioni di maltrattamento e violenza, formazione progettata ed erogata con la partecipazione attiva dei centri antiviolenza.

Secondo l’associazione, è urgente affrontare la vittimizzazione secondaria che le donne subiscono nei percorsi di giustizia. Sono imprescindibili i finanziamenti adeguati e certi ai centri antiviolenza ed è fondamentale che chi governa condanni, senza se e senza ma, qualsiasi episodio di violenza: dalle molestie sul luogo di lavoro fino allo stupro. Inoltre, servono attività strutturate nelle scuole, progettate ed erogate con la partecipazione attiva dei centri antiviolenza senza influencer o scrittori complottisti. Infine, è necessario un cambiamento radicale nella narrazione della violenza sui media, per eliminare la spettacolarizzazione della violenza e la vittimizzazione secondaria delle donne.

La violenza maschile sulle donne è una realtà quotidiana che attraversa quotidianamente i centri antiviolenza della Rete D.i.Re, coinvolgendo vari aspetti delle loro attività. Dall’accoglienza e supporto alle donne fino all’impegno per formare e informare chiunque si trovi a dover affrontare il fenomeno.

Una rivoluzione culturale per ribaltare il dominio maschile sulle donne

«Oggi parliamo di Giulia e abbiamo il dovere di restituire alle ragazze e alle giovani donne la libertà di vivere la vita fuori dalla paura di uscire di giorno e di notte, di incontrare chi desiderano fuori dal terrore di incontrare un uomo violento», ha dichiarato dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re. «È questo che vogliamo. E per costruire contesti di sicurezza non dobbiamo restringere la libertà delle donne né riempire le carceri. Dobbiamo avviare una rivoluzione culturale che ribalti il dominio, il potere maschile in ogni ambito: dalla sfera privata delle relazioni a quella pubblica del lavoro e delle relazioni sociali. Questo è il nostro orizzonte».

«Lo ripetiamo ancora: si costruiscono politiche e azioni di contrasto e prevenzione alla violenza maschile alle donne solo se si riconoscono le radici e le origini del fenomeno» ha aggiunto Veltri. «Non credo che chi oggi ci governa riconosca l’asimmetria dello stare al mondo tra uomini e donne».

1522, il servizio che salva la vita delle donne

1522 è il servizio pubblico, attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. 1522 offre una prima risposta ai bisogni delle vittime, fornendo un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale. Il servizio garantisce l’assoluto anonimato. I casi di violenza che rivestono carattere di emergenza vengono accolti con una specifica procedura tecnico-operativa condivisa con le Forze dell’Ordine. Il 1522 è stato attivato nel 2006 dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri per far emergere e contrastare il fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne. Nel 2009, il servizio ha avviato un’azione di sostegno anche nei confronti delle vittime di stalking.

Il numero di pubblica utilità 1522 è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile. È possibile dialogare con gli operatori in italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo, ucraino, portoghese, polacco. Le vittime di violenza possono contattare gli operatori anche utilizzando il sevizio chat.

Differenza Donna

1522 è gestito da Differenza Donna, un’ONG nata nel 1989 con l’obiettivo di far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza maschile nei confronti delle donne, delle ragazze e delle bambine e bambini. Differenza Donna è socia fondatrice dell’Associazione nazionale D.i.Re. – Donne in Rete contro la violenza, rete nazionale dei Centri antiviolenza e Case delle donne, di cui è stata parte fino al 2019. Ad oggi Differenza Donna ha accolto oltre 40.000 donne e 64.000 bambine e bambini in fuga dalla violenza.

Negli ultimi giorni, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono raddoppiate le richieste d’aiuto al 1522: dalle 200 telefonate quotidiane si è arrivati alle 400 con picchi tra 450 e 500 se si considerano anche quelle fatte con chat ed App.

Il supporto dei centri antiviolenza

(Testo di Differenza Donna)

Le violenze sono difficili da narrare e denunciare. L’autore della violenza obbliga all’isolamento, svalorizza, distrugge la percezione positiva di sé sino a far pensare di non avere risorse per potersi ribellare alla violenza. I Centri Antiviolenza sostengono le donne per riconquistare una vita autodeterminata e libera dalla violenza, per sé, per i propri figli e le proprie figlie. Offrono:

  • accoglienza telefonica;
  • colloqui;
  • supporto psicologico;
  • consulenza e assistenza legale;
  • accompagnamento ai servizi sociali e della salute;
  • collocamento in Casa Rifugio nelle situazioni a rischio di vita;
  • lavoro con la Rete antiviolenza (forze dell’ordine, tribunali, servizi sociali).

Tutti i servizi dei Centri Antiviolenza sono gratuiti, rispettano l’anonimato e il principio di autodeterminazione delle donne. Per trovare il Centro più vicino si può contattare il Numero nazionale gratuito anti violenza e stalking 1522.

Come aiutare una donna che conosci

(Testo di Differenza Donna)

Se una tua amica o conoscente si trova in una situazicone di violenza, maltrattamento o stalking, ecco alcuni suggerimenti per darle supporto:

  • Ascoltala senza giudicarla;
  • Dille che non è sola, che, come lei, molte donne in Italia e nel mondo subiscono violenza;
  • Dille che nessuna persona merita di essere umiliata, minacciata o picchiata, nonostante ciò che le fa credere il maltrattante. Nulla di ciò che lei può fare o dire giustifica il comportamento violento;
  • Consigliale di chiamare il 1522 per avere ascolto, sostegno e orientamento sui servizi e sui CentriAntiviolenza a cui rivolgersi nel rispetto della sua volontà e del suo anonimato;
  • Puoi chiamare il 1522 per confrontarti con una Operatrice e conoscere le possibilità di orientamento e di sostegno a cui rivolgersi.

Violenza contro le donne, Mattarella: «Non limitiamoci all’indignazione intermittente»

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne. Ne pubblichiamo integralmente il testo.

Drammatici fatti di cronaca scuotono le coscienze del Paese. Una società umana, ispirata a criteri di civiltà, non può accettare, non può sopportare lo stillicidio di aggressioni alle donne, quando non il loro assassinio.

La pena e il dolore insanabili di famiglie e di comunità ferite sono lo strazio di tutti. Quando ci troviamo di fronte a una donna uccisa, alla vita spezzata di una giovane, a una persona umiliata verbalmente o nei gesti della vita di ogni giorno, in famiglia, nei luoghi di lavoro, a scuola, avvertiamo che dietro queste violenze c’è il fallimento di una società che non riesce a promuovere reali rapporti paritari tra donne e uomini.

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne richiama tutti a un rinnovato, personale, impegno. Non soccorrono improvvisate analisi di psicologia sociale a giustificare la persistenza di una piaga che non si riesce a guarire nonostante gli sforzi. Abbiamo bisogno del lavoro delle Istituzioni, delle associazioni, del mondo produttivo, della scuola, della cultura, del contributo di ciascuno, per sradicare un fenomeno che tradisce il patto su cui si fonda la nostra stessa idea di comunità.

Il numero di donne vittime di aggressioni e sopraffazioni è denuncia stessa dell’esistenza di un fenomeno non legato soltanto a situazioni anomale. Ad esso non possiamo limitarci a contrapporre indignazioni a intermittenza. Siamo lontani dal radicamento di quel profondo cambiamento culturale che la nostra Carta costituzionale indica. Un percorso in cui le donne e gli uomini si incontrano per costruire insieme una umanità migliore, nella differenza e nella solidarietà, consapevoli che non può esserci amore senza rispetto, senza l’accettazione dell’altrui libertà.

Una via in cui le donne conquistano l’eguaglianza perché libere di crescere, libere di sapere, libere di essere libere, nello spirito della Convenzione di Istanbul, alla quale ha aderito l’Unione Europea, segno importante di una visione universale di autodeterminazione e dell’eguaglianza dei diritti delle donne e passaggio decisivo nel delineare il quadro degli interventi contro la violenza di genere.

Ciao amici, ciao uomini, ciao fratelli. Dobbiamo parlare

0

Ciao amici, ciao uomini, ciao fratelli, dobbiamo parlare.
Sabato è stato ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin. Ci siamo indignati tutti ma, al tempo stesso, sapevamo già, dalla prima ora, che questa storia sarebbe finita con un cadavere in un fosso. E sapevamo pure di chi, tra i due, sarebbe eventualmente stato quel cadavere. Nonostante le nostre doti da Nostradamus, nessuno ha potuto fare nulla. E sono stanco di prendermela con la polizia che si è adoperata solo 6 giorni dopo (che comunque è un problema), perché l’avesse fatto all’istante l’unica differenza sarebbe stata nella data di pubblicazione di questo mio intervento.

Sono stanco di chiedere giustizia per un cadavere. Questa cosa fa rabbia. MI FA rabbia. Perché sono nato in questa società, perché sono stato educato al rispetto e al consenso, ma il vivere e muovermi in questa società mi ha “insegnato” altro. E il caso di Giulia Cecchettin, forse più di prima, mette tutti davanti alla realtà dei fatti: sarei potuto essere io. IO, Giuseppe, giovane, di buona famiglia, bianco… un “bravo ragazzo” per definizione, come tutti no? Sì, anche tu che leggi.

Anche tu che ieri hai pensato ad ogni genere di violenza con cui ti saresti “vendicato” sul presunto (ma mica tanto) assassino. Anche tu che, al netto di questo sentimento, ritieni di poco conto la sbirciatina nei messaggi della tua ragazza, anche tu che pretendi di sapere dove va e cosa fa quando esce da sola, sia mai ci siano altri uomini. Tu che ci tieni a sottolineare che ognuna è libera di vivere la propria vita, ma poi «la minigonna, senza di me, no». Tu che, per consolare un amico, prima o poi dirai «non fare la femminuccia». E ovviamente anche tu, che in macchina la strombazzata alla ragazza sul marciapiede l’hai tirata. Tu che ad un no hai risposto «tiratela di meno, non ce l’hai solo tu».

E sì, ci sei dentro anche tu, tu che non fai nulla di tutto ciò, ma ogni 3 giorni ti affanni a difendere la categoria o semplicemente stai zitto. Tu che preferisci nasconderti dietro ad un «non tutti gli uomini sono così, almeno non io». Tesoro mio, ti svelo il segreto di pulcinella, GRAZIE AL CAZZO. Viviamo in una società civile e gli omicidi in generale non sono così frequenti per fortuna, ma tutto il resto che vi ho elencato?

Sono comportamenti che hanno tutti la stessa matrice: l’uomo grande e grosso che si fa giudice, carnefice e difensore del gentil sesso a seconda delle occasioni. L’uomo che proprio non ci riesce ad abbandonare quel ruolo di padre padrone. Si dice che il problema è culturale, ci si poteva arrivare prima, ma forse ora vi è più chiaro. Perché Giulia e Filippo (questo è il suo nome, non “mostro” non “animale”, non “psicopatico”. Filippo, solo Filippo) non appartenevano a contesti disagiati: erano studenti universitari, come me, come te, e come tali in questa storia potrebbe esserci il nostro nome, invece che il loro, e la narrazione non verrebbe alterata di una virgola.

Sono anni che seguo attiviste e attivisti sul tema, scrivono libri, fanno volontariato nelle scuole e se necessario casino in piazza. Ma ogni 3 giorni, TRE FOTTUTISSIMI GIORNI, ecco che sui giornali si legge «quel bravo ragazzo», ecco che in giro sui social qualcuno dirà «avrà avuto le sue ragioni», come se qualcosa possa giustificare l’uccisione di una persona, o peggio ancora un «sì ma lei non doveva andarci». Già, perché è colpa di Giulia Cecchettin se ci è andata, mica di Filippo che si è portato dietro un coltello. C’è sempre una scusante, qualcosa che ci autoassolve, non possiamo farne a meno. E intanto loro muoiono, per mano nostra. Ogni 3 giorni sto (e stiamo) di merda, ogni 3 giorni piangiamo l’ennesima vita spezzata sempre per lo stesso motivo, che non è gelosia, non è un raptus, non è “carne”, ma soltanto lo scenario peggiore possibile in una società fatta di fischi per strada e telefoni sotto controllo da parte di “bravi ragazzi” come noi.

leri ho letto interventi molto rabbiosi, non contro Filippo, ma contro l’intera categoria maschile. E noi subito a levare gli scudi in nostra difesa. E mi ci metto dentro pure io, che ho storto il naso leggendo alcune cose e che continuo a non ritenere efficace un certo tipo di comunicazione (mi riferisco nello specifico al post di Valeria Fonte, per chi la conoscesse). Ma consci di ciò che succede intorno a noi, di tutte le battutine e battutacce fatte, davvero volete ancora dar contro a chi non ha più la forza di cercare il dialogo?

Nel frattempo, mentre scrivo, mi è comparsa la notifica dell’ennesima ragazza scomparsa. E via di nuovo a sperare che questa volta sia diverso. Mi raccomando eh.. “Non tutti gli uomini”.

Giuseppe Persano, un uomo