Martedì, secondo l’ANSA, una donna di 26 anni ha presentato una denuncia ai carabinieri di Rimini per le molestie ricevute durante l’adunata degli Alpini. Secondo l’agenzia la donna, in compagnia di un’amica (che ha parzialmente assistito alla scena) e del proprio avvocato, ha raccontato ai militari della caserma Destra del Porto che tre persone, sabato pomeriggio, l’hanno circondata e aggredita. Secondo la denuncia, gli uomini l’avrebbero presa per un braccio, strattonata e insultata con frasi dall’esplicito riferimento sessuale. Lei si è divincolata ed è riuscita a scappar via. La denuncia è contro ignoti e, al momento, si procede per molestie. Pubblichiamo il commento di Autodifesa Transfemminista, Non Una di Meno, Pride Off, Casa Madiba alla notizia.
Nessuna azione compiuta per prevenire gli episodi avvenuti durante l’adunata
«Immaginiamo già come devierà il dibattito: “Una sola denuncia?”, “Ah, ma è contro ignoti”, “Sì, ma gli alpini sono bravi”, “Erano infiltrati” e tutte le aberrazioni, assurdità e giustificazioni che abbiamo sentito in questi giorni. Come il tema delle generalizzazioni o strumentalizzazioni che come attiviste e donne abusate avremmo fatto. Le molestie e i comportamenti offensivi che abbiamo visto e subito nelle strade di Rimini durante l’adunata stanno alla base di una piramide della violenza. In cima c’è il femminicidio. Fenomeni come il catcalling, le molestie, i fischi, sono alla base di questa piramide.
Il 22 aprile scorso istituzioni e autorità si dicevano costernate e commosse per l’omicidio di Angela Avitabile, uccisa dal marito con 12 coltellate. Nulla hanno fatto in termini di prevenzione affinché gli episodi che abbiamo denunciato in questi giorni non accadessero durante l’adunata. Ci domandiamo, da operatrici/tori sociali, come mai non siano state attivate le Unità di Strada di riduzione del danno. Unità che, ad esempio troviamo, ai Free party – quelli tanto condannati e stigmatizzati – pronte ad intervenire per collassi ma anche situazioni di pericolo.
La violenza è alimentata dalle minimizzazioni
Ci domandiamo come mai non siano state previste misure ad hoc, visti i fatti accaduti nelle precedenti adunate, sottovalutando cosa avrebbe portato la concentrazione di più di 400mila persone in città. Persone autorizzate a fare quello che volevano. La cultura della violenza maschile contro le donne e le persone gender non conforming è permeata nella società. È legittimata e viene alimentata proprio dalle minimizzazioni che sono state fatte in questi giorni rispetto a certi comportamenti, pochi o molti che siano. Dire a delle ragazzine di 16 anni palpeggiate da uomini adulti, bianchi, in divisa, che dovevano denunciare subito ai presìdi di polizia presenti (difficili da distinguere in mezzo alla folla) non solo è ridicolo ma emblematico di come un problema sociale e culturale, quello della violenza, venga relegato solo ed esclusivamente sul piano formale.
Non esistono fenomeni extra giuridici, sociali, culturali. Tutto si riduce a quel che devono sentenziare le carte, alla sfera meramente legislativa e non profondamente politica e culturale come invece dovrebbe essere. Di questo parla e questo ci restituisce il comunicato della conferenza delle donne del PD di Rimini intitolato “No ai toni accusatori e qualunquisti”. Nel comunicato, addirittura, il PD si dissocia dalle dichiarazioni di Non Una Di Meno. “Intendiamo dissociarci da toni accusatori, tesi a incrementare un clima di polemica generalista e qualunquista, che getta un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto e indiscusso del nostro Esercito”.
In ogni episodio segnalato manca il consenso
Inaccettabile discredito è aver lasciato che questi fatti accadessero senza nessuno che intervenisse perché ritenuti comportamenti normali, conformi, leciti. Questa la verità. Leggendo le reazioni, i commenti, gli articoli della stampa, la minimizzazione passa quindi dal considerare questi fatti come “cose innocenti, complimenti, goliardia”. Quello che manca però in ogni episodio segnalato, nelle testimonianze video di Fanpage, nelle tantissime testimonianze riprese e pubblicate anche dalla stampa nazionale è il CONSENSO, questo sconosciuto.
Resta il fatto che durante l’adunata, a rendere più sicure le strade, il rientro nelle proprie abitazioni, è stato il gruppo di autodifesa promosso da Casa Madiba Network, NON UNA DI MENO – Rimini, PRIDE OFF, che ha raccolto testimonianze e dato primo supporto, operando attraverso i telefoni, le chat, i social. Continuando a costruire uno spazio sicuro nelle strade e in rete. Le Istituzioni avrebbero molto da imparare dalle forme di autorganizzazione transfemministe. Sorella io ti credo e non sei sola!».
Alberto Pizzolante