A settembre 2021 il Tribunale di Locri ha condannato, in primo grado, l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano a tredici anni e due mesi di reclusione. Secondo la sentenza, appellata da Lucano, l’ex sindaco è stato colpevole di abuso d’ufficio, truffa aggravata, peculato e falso ideologico. Il Pubblico Ministero aveva richiesto una condanna anche per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, dalla quale Lucano è stato assolto. I giudici, nelle motivazioni della sentenza, hanno comunque definito encomiabile il progetto di inclusione dei migranti realizzato da Lucano. Negli scorsi giorni, la Corte di Appello ha assolto Lucano da tutte le ipotesi di reato, ad eccezione di falso per il quale è stato condannato a un anno e sei mesi, con pena sospesa.
In primo grado, il Tribunale di Locri aveva raddoppiato la condanna richiesta dalla Procura della Repubblica. Una condanna che ha portato allo smantellamento del Modello Riace, il sistema di accoglienza dei migranti ideato da Lucano. Eletto sindaco nel 2004 e in carica per tre mandati, Lucano ha sviluppato un modello di partecipazione e di associazionismo che ha dato vita all’integrazione diffusa, alla creazione di una moneta virtuale (utilizzata come equivalente dell’euro per consentire il prosieguo delle attività di integrazione, messe a rischio dai frequenti ritardi nell’erogazione dei fondi dal Governo nazionale), alla formazione e all’impiego degli immigrati presso le attività commerciali del posto.
Moralisti contro realisti, il dibattito sull’operato di Mimmo Lucano
L’opinione pubblica si è dimostrata fin da subito polarizzata su due punti opposti nel giudizio sull’operato di Lucano e sulla sua condanna. Nel dibattito pubblico si è assistito ad uno scontro tra il gruppo che potremmo definire dei moralisti politici e il gruppo dei realisti politici. Di seguito delineerò le motivazioni alle base delle mie definizioni, facendo riferimento ad uno degli episodi contestati dal Pubblico ministero a Lucano: l’iscrizione nel registro anagrafico comunale di un bambino la cui madre non era in possesso di un permesso di soggiorno regolare. Una registrazione effettuata, secondo la versione di Lucano confermata dalla Prefettura, con il solo scopo di consentire al bambino l’accesso al Sistema sanitario nazionale e di far sì che egli potesse ricevere l’assegnazione di un pediatra.
Le principali tesi critiche nei confronti dell’operato di Lucano richiamano il dovere di rispettare la legge proprio dell’agente politico, tenuto a svolgere il proprio ruolo con disciplina e onore. Pur non riconoscendo un intento doloso nelle condotte di Lucano, la maggior parte dell’opinione pubblica che ha ritenuto corretta la sentenza di condanna ha avuto il convincimento che egli non avrebbe dovuto agire in violazione della normativa, come invece ha fatto. Coloro che non credono alla bontà dell’agire politico di Lucano ritengono che il primo dovere per l’uomo politico sia il rispetto della legge. Lucano era solo un sindaco e non aveva il potere di legiferare sulle materie che lo hanno poi portato a processo. Il suo compito era limitato all’esercizio del potere nelle forme e nei limiti che gli sono stati attribuiti e di garantire la sicurezza dei cittadini.
In linea generale, possiamo concludere che essi aderiscono al realismo politico. Il realismo politico si basa sulla tesi dell’indipendenza della politica, che può avere una versione forte ed una versione debole. Secondo la prima, la politica è completamente autonoma dalla morale, dal suo giudizio e dai suoi fini. Essa è mero esercizio del potere e ha lo scopo di mantenere l’ordine nella società. Per la seconda versione, la politica è autonoma dalla morale ma ha comunque dei propri criteri di giudizio. Tali criteri non sono necessariamente coerenti o in contrasto con i criteri morali.
Le principali motivazioni di coloro che contestano la sentenza di condanna riguardano il principio della solidarietà, sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana, e il principio dell’accoglienza. I due principi fungerebbero da attenuante alle condotte illecite adottate da Lucano. Secondo i suoi sostenitori, Lucano ha agito sì violando consapevolmente alcune leggi, ma lo ha fatto non per un tornaconto personale o per favorire un sodalizio criminale, bensì seguendo una ragione morale. I sostenitori di Lucano giudicano l’atto del modificare illegalmente il registro anagrafico comunale una condotta immorale e, allo stesso tempo, conveniente. La ragione morale a causa del suo operare è stata superiore a quella prudenziale. Il mancato inserimento dei dati del bambino all’interno del registro anagrafico avrebbe impedito al fanciullo di godere appieno del diritto alla salute e dell’accesso alla sanità pubblica.
Per i sostenitori dell’agire di Lucano, la politica ha come scopo la realizzazione di fini morali. Il fine di garantire a chiunque l’accesso alle cure mediche, al di là della presenza di eventuali vincoli burocratici, è uno di questi. I sostenitori dell’ex sindaco credono che la moralità sia dominante e che le considerazioni morali si applichino allo stesso modo in qualsiasi ambito.
L’agire di Lucano nel paradigma dell’Etica pubblica
Una posizione intermedia tra il moralismo e il realismo è quella dell’etica pubblica, la quale
come il realismo, ammette che ci siano ragioni specificamente politiche per trasgredire certi doveri morali, o per imporre doveri che vanno al di là di quanto richiesto dalla morale. Ma non ritiene che queste ragioni politiche possano ridurre al silenzio le ragioni morali. E d'altra parte, ammette pure che in certi casi non ci siano ragioni morali decisive, capaci di annullare le ragioni politiche. Spesso, qualsiasi cosa si faccia rimarrà sempre un residuo di ingiustizia - un rincrescimento per ragioni che non hanno trovato ascolto. (1)
Nell’etica pubblica moralità e politica non coincidono, come invece avviene nel moralismo, né sono completamente separate, come invece sostiene il realismo politico. Esiste una moralità per la politica ed esistono ragioni politiche e ragioni morali che non sempre risultano decisive e prevalenti. L’etica pubblica si interroga su quali ragioni morali siano politicamente rilevanti. Qualunque sia l’azione intrapresa dall’agente politico, la ragione che dettava l’azione contraria a quella intrapresa causa rincrescimento e rimorso per l’eventuale prezzo pagato per la propria scelta.
Questa capacità di giudizio morale che si esprime nel rincrescimento è chiamata integrità. L’integrità delle persone deve essere rispettata. Questo significa che non si può chiedere ad un agente politico di compiere delle azioni da egli reputate immorali, e questo riguarda anche le azioni non direttamente compiute da un individuo ma delle quali egli si ritiene responsabile.
Lucano ha reso evidente la propria integrità. Lo ha fatto riconoscendo di aver compiuto alcuni reati e dichiarandosi dispiaciuto per questo: «Vuoi che in vent’anni di attività non ci siano stati errori? […] Non mi pento, anche se mi dispiace aver agito in questo modo, rifarei alcuni reati. Rifarei esattamente le stesse cose! […] Sono orgoglioso di aver sbagliato» (2). Lo ha fatto accettando di pagare il prezzo, la pena dovuta, rifiutando una candidatura al Parlamento europeo che, in caso di elezione, gli avrebbe garantito l’immunità: «Ho detto di no, perché sarebbe stato un modo per ottenere una scappatoia e magari l’immunità e la politica non si fa per fini personali» (3).
La ragione morale dettata dai principi di accoglienza e di solidarietà ha prevalso sulla ragione politica che richiedeva a Lucano il rispetto della legge. La scelta compiuta dall’ex sindaco di Riace e da egli pubblicamente rivendicata ha causato, allo stesso, rincrescimento e rimorso. La ragione morale, in questo caso, è politicamente rilevante. Analizzando le azioni compiute da Lucano all’interno del paradigma dell’etica pubblica, si possono ritenere le stesse legittime.
(1) Pellegrino 2015: 111-112.
(2) La Repubblica, 19 maggio 2021.
(3) La Repubblica, 19 maggio 2021.