Andrea Dianetti è stato tra gli ospiti della quinta edizione di Valentia in festa. Andrea Dianetti, già attore, regista, conduttore televisivo e radiofonico, ha presentato il suo romanzo d’esordio “La felicità del gambero”. Il libro è una commedia romantica che parla di felicità, quella che tutti noi inseguiamo anche senza rendercene conto. Questa la nostra intervista.
Com’è nata l’idea di questo libro?
Il libro è nato da una proposta che mi è stata fatta. Io ho la sindrome dell’impostore, ho paura di fare, e se non vengo un po’ “forzato” non riesco ad iniziare un nuovo progetto. Dopo la proposta, mi sono detto: “Voglio scrivere un romanzo, voglio raccontare una storia, non voglio fare il classico errore che a volte fa chi ha un po’ di notorietà, raccontando qualcosa su sé stesso”. Poi, se alla gente sarà piaciuto come scrivo, magari un giorno farò qualcosa di personale, anche perché il protagonista di questo libro ha già tanto di me. Ho voluto scrivere una commedia romantica che facesse sorridere e pensare positivamente alla vita.
Tu hai lavorato in tantissimi ambiti artistici: la televisione, non solo da conduttore, il cinema, il teatro, la radio, adesso la scrittura. È stato difficile, per te, cambiare ambito? Quali sono i punti in comune tra i diversi ambienti?
Penso che questa sia una sorta di forma mentis italiana: non ci si fida molto di chi vuole lavorare in diversi ambiti dell’arte. Si dice: chi fa tutto non fa niente. All’estero è normalissimo. Noi abbiamo diverse parti del corpo che si muovono in sinergia, così come le varie tipologie di arte possono funzionare in sinergia, hanno tutte qualcosa che le lega. Tutto è molto legato. Passo da un ambito all’altro con spontaneità, come quando uso la mano destra o la sinistra.
Non hai una sorta di ansia, pensando per esempio ad un tuo lavoro precedente di successo e temendo di non riuscire a ripetere lo stesso risultato?
Sì, questo è chiaro. C’è l’ansia da prestazione, l’ansia dei giudizi. Credo che questo ci sia in tutte le professioni.