«Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire». L’appello è di Fabio Ridolfi, un uomo di quarantasei anni di Fermignano, in provincia di Pesaro e Urbino. Ridolfi da 18 anni è immobilizzato a letto a causa di una tetraparesi da rottura dell’arteria basilare. Una condizione che gli impedisce il movimento di qualsiasi parte del suo corpo, ad eccezione degli occhi, con cui comunica attraverso un puntatore oculare.
Fabio Ridolfi, seguito dai legali dell’Associazione Luca Coscioni, coordinati dall’avvocato Filomena Gallo, ha inoltrato una richiesta all’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche per poter accedere al suicidio assistito, come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale 242/19. L’ASUR Marche, ha attivato le verifiche previste dalla sentenza della Consulta e ha sottoposto Fabio a tutte le visite mediche del caso. Ma dal 15 marzo, quando la relazione medica è stata inviata al Comitato Etico, ancora non è arrivato nessun parere, né sulle sue condizioni né sulle modalità per poter procedere con suicidio medicalmente assistito.
«Essere aiutato è un suo diritto»
«Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze in modo indolore, con le modalità più veloci e rispettose della sua dignità. È un suo diritto, sulla base della sentenza della Corte costituzionale nel “caso Cappato/Antoniani”», hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, «Ancora una volta, come già successo con Mario e Antonio, il ritardo della ASUR nel rispondere alla sua richiesta, in violazione degli obblighi di legge, comporta sofferenze che per Fabio sono da anni insopportabili». Sul proprio profilo Facebook, Cappato ha aggiunto: «Cosa si prova a stare 18 anni senza poter parlare né muovere un muscolo lo può sapere solo Fabio. Noi possiamo solo aiutarlo a far valere le proprie volontà. Ora ha scelto di morire. Ed è suo diritto essere aiutato».