Nel 2020, in Italia, le lavoratrici hanno guadagnato in media il 31,2% in meno dei lavoratori di sesso maschile. È quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato, pubblicato dall’INPS. Il divario tra lo stipendio medio degli uomini e quello delle donne a parità di mansioni, il cosiddetto gender pay gap, in Italia è più elevato rispetto alla media dell’Unione Europea. Secondo Eurostat, la retribuzione media delle donne nei paesi dell’Unione è stata del 14,1% inferiore rispetto a quella degli uomini.
Il gender pay gap ha delle serie conseguenze anche a lungo termine. Una retribuzione inferiore porta anche ad una contribuzione più bassa e quindi ad una pensione di importo inferiore per le donne rispetto agli uomini. Ad oggi, le donne hanno diritto ad un assegno pensionistico inferiore in media del 27% rispetto a quello degli uomini. In futuro, il dato è destinato ad aumentare.
I dati pubblicati dall’Osservatorio INPS si riferiscono al 2020. I dipendenti privati sono stati circa 15 milioni e hanno ricevuto una retribuzione media di 20.658 euro. Per gli uomini, la retribuzione media annuale è stata di 23.859 euro, mentre per le donne lo stipendio medio si è fermato a 16.285 euro. Le giornate retribuite sono state mediamente 230 per gli uomini e 215 per le donne. Differenze tra i sessi sono presenti anche nella somministrazione del lavoro part time. Nel 2020, le donne che hanno avuto almeno un rapporto di lavoro part time sono state 3.319.912, mentre gli uomini sono stati 1.936.219. Dati che si sommano a quelli relativi all’occupazione nel mese di ottobre 2021, che evidenziano la crescita 0 dell’occupazione femminile.
CGIL: “Investire nella cultura della parità”
“Per invertire la rotta, serve una rivoluzione all’approccio strategico che riconosca pari dignità tra infrastrutture materiali e immateriali e infrastrutture sociali“, sostiene Esmeralda Rizzi, componente del Dipartimento Politiche di genere della Cgil nazionale. “È necessario un investimento massiccio per promuovere quella cultura della parità oggi ancora marginale soprattutto nel mondo del lavoro. Dato un problema, se la soluzione individuata non risulta efficace, ne va cercata una nuova. Altrimenti stupirsi della débâcle dell’occupazione femminile è mero esercizio di retorica“.