Il 9 giugno, il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato un articolo intitolato «In Etiopia, negoziati dietro le quinte tra il governo e il Tigray». Secondo il quotidiano, nell’ambito dei colloqui pre-negoziali il governo del Tigray avrebbe allentato la sua posizione sullo status del Tigray Occidentale. Di conseguenza, il governo della regione potrebbe abbandonare le sue pretese sul territorio per facilitare i colloqui di pace.
Una nota dell’Ufficio Affari esteri del Governo del Tigray, ricevuta da likequotidiano.it, smentisce categoricamente questa indiscrezione. «Questa affermazione oltraggiosa, apparentemente basata su fonti diplomatiche anonime di Addis Abeba, non potrebbe essere più lontana dalla verità. Il governo del Tigray ha sempre chiarito che qualsiasi soluzione duratura dell’attuale crisi deve basarsi sul ristabilimento della status quo prebellico». Il Governo tigrino chiede quindi il completo ritiro di tutte le «forze d’invasione da ogni centimetro quadrato del territorio tigrino sequestrato con la forza».
I crimini compiuti dalle forze Amhara nel Tigray Occidentale
«Va ricordato che la guerra genocida contro il Tigray ha portato alla violenta revisione dei confini interni dell’Etiopia. L’élite espansionista Amhara si è impadronita dei territori con la forza, complicando gli sforzi di porre fine a questa tragica guerra. L’esercito eritreo genocida, che è stato credibilmente accusato di aver violato le leggi umanitarie internazionali usando la fame come arma di guerra, fornisce il muscolo militare all’occupazione del territorio del Tigray costituzionalmente riconosciuto. Anche l‘esercito eritreo occupa parti delle zone nord-occidentali, centrali e orientali del Tigray. Lo fa con orribili violazioni dei diritti umani.
Queste forze hanno commesso e continuano a commettere crimini di guerra inimmaginabilmente atroci contro l’umanità. Portano avanti un genocidio nei confronti del nostro popolo nel Tigray Occidentale. Nel marzo 2021 il governo degli USA ha, infatti, accusato le forze di occupazione Amhara di impegnarsi in una sistematica campagna di pulizia etnica. In un recente rapporto investigativo, Amnesty International e Human Rights Watch hanno documentato una feroce campagna di pulizia etnica contro i tigrini. Questa campagna include esecuzioni extragiudiziali dilaganti, sgombero forzato e detenzione di massa dei tigrini in condizioni crudeli, disumane e degradanti. Centinaia di migliaia di tigrini sono stati sradicati dalle loro case, migliaia di persone sono state brutalmente assassinate, i loro corpi sono stati scaricati nel fiume Tekeze e i loro resti galleggiano al largo del Sudan. L’obiettivo dietro tale furia omicida è semplice: produrre “nuovi” fatti demografici sul campo e legittimare l’irredentismo infondato dell’élite espansionista Amhara.
La falsa narrazione storica diffusa dall’élite Amhara
In questo contesto, affermare che il governo del Tigray avrebbe tradito le persone abbandonando un territorio tigrino legittimo e costituzionalmente riconosciuto sfida il buon senso. Al contrario, il governo del Tigray ha sempre sottolineato che la liberazione, con mezzi pacifici o meno, di ogni centimetro quadrato del territorio tigrino rimane sua massima priorità. Nessuno spaccio di narrazioni storiche fittizie da parte dell’occupante, dell’élite espansionista Amhara, cambierà questo fatto. In breve, lo status del Tigray dell’Ovest non è negoziabile.
L’élite espansionista Amhara ama fare affermazioni infondate sul Tigray Occidentale, basate sul semplice fatto che, prima del 1991, il territorio era parte della regione di Amhara. Ma è importante ribadire il fatto che il Tigray Occidentale è sempre stato abitato da persone di lingua tigrina e che l’accordo federale post-1991 ha ridefinito l’Etiopia lungo linee etno-linguistiche. Inoltre, non esisteva una regione Amhara prima del 1991. L’élite espansionista Amhara è disposta ad assaltare la costituzione etiope per legittimare la sua pretesa infondata sul territorio tigrino. La rappresentazione del Tigray Occidentale come terra contesa è, quindi, inaccettabile e ostile a qualsiasi sforzo di pace. L’élite espansionista Amhara ha sequestrato quel territorio con la forza e questo è semplicemente inaccettabile. La comunità internazionale dovrebbe insistere e lavorare per il ritiro di queste bande di criminali predoni che stanno terrorizzando persone innocenti.
L’impegno del Governo del Tigray
Il popolo e il governo del Tigray sono impegnati nella risoluzione pacifica del conflitto attuale. Ma un tale impegno non si estende alla firma di un accordo che ceda un legittimo territorio del Tigray, consentendo ai genocidi di sfuggire alle responsabilità e di proseguire nella permanente dislocazione di centinaia di migliaia di tigrini brutalmente sradicati dalle loro case. Ciò sarebbe un’abdicazione al solenne dovere di garantire sicurezza esistenziale al popolo del Tigray. La nostra gente nel Tigray Occidentale ha subito feroci atrocità. Il governo del Tigray si impegna a garantire il loro ritorno alle loro legittime case e a ritenere responsabili i loro aguzzini.
Occorre notare che la diplomazia del capo Obasanjo ha contribuito a creare un ambiente permissivo a colloqui di pace tra il Tigray e il regime di Abiy. Comprendiamo che anche i suoi sforzi hanno seri limiti. La nostra recente scarcerazione di oltre 4000 prigionieri di guerra come misura di rafforzamento della fiducia è indicativa del nostro impegno ad una soluzione pacifica della crisi. Sfortunatamente, le autorità di Addis Abeba hanno poco interesse a contraccambiare la nostra collaborazione. In effetti, nonostante i ripetuti sforzi, ci sono stati pochi progressi, in gran parte a causa delle autorità di Addis. Se e quando il regime di Abiy si riorienterà lontano dalla sua mentalità coercitiva e deciderà di dare una possibilità alla pace, il popolo e il governo del Tigray porgeranno, come sempre, una cooperativa mano.
In conclusione, il Tigray Occidentale rimane una parte non negoziabile del Tigray. Qualsiasi notizia su un cambiamento della nostra posizione non ha fondamento. Il governo del Tigray rimane impegnato a liberarlo, pacificamente o meno!».