giovedì, Novembre 21, 2024

Detenuto suicida in carcere, la madre: «Lo Stato me lo ha ammazzato»

La Procura di Ancona ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio sul caso di un detenuto suicida in una cella del carcere di Montacuto.

Condividi

La Procura di Ancona ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio sul caso di un detenuto suicida in una cella del carcere di Montacuto. Matteo Concetti, 25enne originario del Fermano, si è tolto la vita 5 gennaio scorso in una cella nella quale era detenuto in isolamento. La Procura effettuerà approfondimenti per appurare se il giovane presentasse una patologia psichiatrica conclamata al punto tale da non essere in una condizione compatibile con la detenzione in carcere.

Sinistra Italiana delle Marche ha espresso «tutta la sua vicinanza alla famiglia» di Matteo Concetti, detenuto suicida nel carcere di Ancona. «Davanti ai genitori e agli operatori – ha precisato il partito – venerdì aveva minacciato il suicidio se l’avessero condotto in isolamento. Alle 18 è stato trovato morto. Il 6 gennaio scorso la senatrice Ilaria Cucchi e attivisti del partito sono stati vicini alla famiglia presso la camera mortuaria, perché nel 2024 la salute e la vita di un detenuto è ancora più di un numero. Lo è per noi e dovrebbe esserlo per la Repubblica italiana».

Il racconto della madre

«Mamma, mi devi portare fuori di qui. Non ce la faccio più. Devi chiamare Ilaria Cucchi, qua mi fanno fare la fine di Stefano», avrebbe riferito il giovane a sua madre, secondo quanto riportato da La Repubblica. «Se solo gli avessi dato ascolto quindici giorni fa, chissà, forse sarei riuscita a portarlo fuori da quell’inferno dove me l’hanno ucciso – ha aggiunto la madre – Cucchi l’ho chiamata ma solo venerdì, poche ore prima che Matteo si uccidesse».

«Mio figlio aveva un disturbo psichiatrico accertato, era bipolare, in carcere non ci poteva stare. Tantomeno in isolamento, senza nessuno che lo controllasse, impaurito e agitato com’era. Venerdì mattina, nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto, lo ha detto a me e a suo padre davanti alle guardie e a un avvocatessa: “Mamma, mi ha detto, se mi riportano giù in isolamento mi impicco”. Io ho chiesto aiuto a tutti, nessuno mi ha dato ascolto e hanno lasciato che si suicidasse. Ho chiesto rassicurazioni alle guardie, le ho implorate che non lo lasciassero solo. Ho chiesto aiuto all’infermiere che era venuto per dargli una terapia che non gli hanno invece voluto far prendere, ho chiesto di poter parlare con il medico».

«“Oggi non c’è nessuno, non possiamo aiutarla”, mi hanno risposto. Ho chiamato il cappellano, gli avvocati, il tutore che gli era stato nominato. Nessuno mi ha ascoltato. “C’è il weekend di festa, poi ne parliamo”. Come si è impiccato? Gli avevo portato delle patatine, degli affettati e non me li hanno fatti entrare per motivi di sicurezza – conclude la madre – Quando sono entrata in carcere mi hanno fatto togliere la cintura del cappotto. E lui invece è riuscito ad impiccarsi in cella. Come è possibile? Adesso denuncio tutti. Denuncio il carcere e lo Stato che me lo ha ammazzato».

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

Sullo stesso argomento

Simili

Dello stesso autore