Nel Decameron portato in scena al Teatro Leonardo di Milano da Stefano Cordella, sei personaggi reinterpretano il classico di Giovanni Boccaccio. Questo Decameron però, come recita il titolo, non è una riproposizione di storie passate, ma “una storia vera”. La drammaturgia è quindi originale, a firma Filippo Renda, e di Boccaccio rimane solo l’essenziale: la cornice, il meccanismo narrativo, la catastrofe fuori dalla porta, l’attesa della fine; con un’eccitazione che mischia la speranza taciuta che la fine del mondo riguardi tutti tranne noi, quella convulsa che la catastrofe arrivi davvero, quella impossibile di una palingenesi.
Decameron – Una storia vera
Sullo sfondo c’è dunque lo spettro dell’imminente estinzione della razza umana. Se prima per una guerra mondiale, per una moderna peste o per il collasso climatico, dato il momento storico, deciderà chi lo vedrà. Certo è che tutti questi spunti sono presenti in questo Decameron, il cui testo assume spesso le esagerazioni e i cortocircuiti della migliore distopia; quella cioè che è assurda eppure credibile. A tal proposito, sicuramente il merito va anche agli attori, che sfoggiano qualità vocali e fisiche tra loro molto diverse, ma mai disarmoniche; convincendo singolarmente e insieme, in uno spettacolo che alterna comicità e dramma, fragilità e concitazione, e in cui in definitiva tout se tient.
Strutturalmente la pièce è divisa in 10 capitoli che includono l’inizio, la fine, e le storie messe in scena a turno dai personaggi. Storie contemporanee di nevrosi, di ricerche spirituali, di rapporti umani, di pattume mediatico; o futuristiche di intelligenze artificiali. Lo spettatore è guidato da un capitolo all’altro dai titoli che appaiono in digitale a fondo scena e segnalano l’inizio di un nuovo momento.
La scenografia è talmente minima da sembrare residuale e si affida a sparuti oggetti di scena e all’impiego massiccio degli impianti audio e luci. Particolare a tal proposito è l’espediente delle telecamere, che riproducono dettagli o diverse angolazioni di quanto accade, proiettando una straniante scena nella scena. Si crea così a volte l’impressione che l’attore non sia realmente il re del palco, ma che siano gli impianti, le distorsioni e i rendering digitali a farla da padrone. In questo Decameron c’è quindi forse il sospetto che nella nostra realtà esista una sproporzione tra la dimensione raccolta e limitata dell’essere umano e la potenza asettica, pervasiva e ingombrante della tecnica.
Infine, lo spettatore potrà avere la sensazione di uscire da teatro in fermento e con molte domande. Un po’ come quando di giorno si vive a mille all’ora e di notte ci si interroga sui momenti vissuti, sulle reazioni, sulle sensazioni. Questo Decameron, infatti, è l’esempio di un modo di fare teatro anti-elitario, che non rimane chiuso in se stesso, ma che cerca in tutti i modi di comunicare a tutto corpo con il suo pubblico. Uno spettacolo, dunque, indubbiamente da vedere, anzi, da provare.
Decameron – Una storia vera
progetto e regia Stefano Cordella
drammaturgia Filippo Renda
con Salvatore Aronica, Sebastiano Bottari, Martina Lovece, Greta Milani, Filippo Renda, Daniele Turconi
Federico Demitry