Amnesty International ha pubblicato alcune testimonianze di esecuzioni extragiudiziali di civili ucraini e di crimini di guerra compiuti dall’esercito russo. I ricercatori di Amnesty hanno intervistato oltre 20 persone di città e villaggi nei pressi di Kiev. “Nelle ultime settimane abbiamo raccolto prove di esecuzioni extragiudiziali e di altre uccisioni illegali da parte delle forze russe. Molte di queste prove devono essere indagate come probabili crimini di guerra. Stiamo parlando di atti di inspiegabile violenza e di sconvolgente brutalità, come le uccisioni di civili privi di armi nelle loro case o in strada. L’uccisione intenzionale di civili è una violazione dei diritti umani e un crimine di guerra. Queste morti devono essere indagate e i responsabili devono essere processati lungo tutta la catena di comando“, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
Le testimonianze
Kateryna Tkachova ha 18 anni. Il 3 marzo era nella sua abitazione di Vorzel insieme ai suoi genitori quando ha visto arrivare i carri armati russi con la lettera Z. I suoi genitori sono andati in strada, chiedendo a Kateryna di rifugifarsi in cantina. Dopo un po’, ha udito dei colpi d’arma da fuoco. “Dopo che i carri armati se n’erano andati via, ho scavalcato la recinzione della casa dei vicini per vedere se erano ancora vivi. Mia madre era a terra, sulla schiena, da un lato della strada. Mio padre era dall’altro lato, a testa in giù. Si vedevano grandi fori sul suo cappotto. Il giorno dopo sono andata a recuperarli: mio padre aveva sei grandi fori, mia madre uno più piccolo all’altezza del petto.“.
I genitori di Kateryna erano in abiti civili e privi di armi. Il 10 marzo un volontario che si occupava delle evacuazioni dalle zone intorno a Kiev ha aiutato la ragazza a lasciare Vorzel. In un video validato da Amnesty International si vedono il volontario e Kateryna scrivere su due pezzi di cartone i nomi dei genitori, la data di nascita e quella di morte e deporli accanto ai corpi, su cui erano state adagiate delle coperte.
“Sparato in testa perché non aveva delle sigarette”
La sera del 9 marzo una donna di 46 anni di Bohdanivka ha sentito degli spari provenienti dalla finestra del piano inferiore della propria casa. Lei e il marito hanno gridato che erano civili e che non avevano armi. Due dei soldati russi entrati in casa hanno spinto i quattro inquilini nel locale caldaia.
“Ci hanno spinti dentro e hanno chiuso la porta. Un minuto dopo l’hanno aperta e hanno chiesto a mio marito se avesse delle sigarette. Lui ha risposto che erano due settimane che non fumava. Allora prima gli hanno sparato al braccio destro, poi alla testa. Non è morto subito: dalle 21.30 alle 4 del mattino dopo respirava ancora anche se non era cosciente. Lo supplicavo, dicendogli: ‘Se mi senti, muovi un dito’, ma non reagiva. Quando ha respirato l’ultima volta, mi sono girata verso nostra figlia e le ho detto che il papà era morto.“.
La donna e sua figlia sono fuggite da Bohdanivka il giorno dopo, lasciandosi alle spalle la suocera ottantunenne, con problemi di mobilità, che viveva con loro.