Gérard Biard per Charlie Hebdo
È appena morto l’uomo più famoso d’Italia. No, non il papa, l’altro: Silvio Berlusconi. Rimane la domanda scottante: quale luogo sceglierà il Cavaliere – sì, è lui che sceglie – per trascorrervi la sua eternità? Se questo è il paradiso, finalmente sapremo il sesso degli angeli, perché Berlusconi non era un tipo intersezionale, e si è applicato tutta la vita per essere l’incarnazione del maschio latino in tutto il suo splendore e tutta la sua arroganza. Se è l’inferno, è meglio che Satana si aggrappi alla sua sedia di comando e tenga strette le sue truppe, perché sta arrivando un serio concorrente e potrebbe esserci un colpo di stato nell’aria sulfurea.
Per sfuggire al giudizio, anche all’ultimo, Berlusconi è capace di tutto. Lo ha ampiamente dimostrato nel corso della sua interminabile carriera politica, iniziata nel 1994, all’indomani dell’operazione Mani Pulite. Ironia della sorte, questa “spazzata” giudiziaria aveva lo scopo di recidere il cordone ombelicale che legava alcuni partiti politici italiani – la Democrazia Cristiana, ovviamente, ma anche il Partito Socialista – alla mafia siciliana. Sfortunatamente, ha spianato inconsapevolmente la strada al più mafioso, al più corrotto, al più abile e al più disinibito di tutti.
Imprenditore a tutto campo – immobiliare, cinema, televisione, editoria, finanza, pubblicità, telefonia, calcio… – Berlusconi è diventato in un batter d’occhio uno dei pilastri fondamentali della politica italiana degli ultimi trent’anni. E questo nonostante più di 30 processi per evasione fiscale, corruzione, falso in bilancio, finanziamento illecito di partiti politici, appropriazione indebita di fondi pubblici, associazione mafiosa, prostituzione minorile…
Se il suo ultimo mandato da Presidente del Consiglio (2008-2011) non è stato altro che un lungo vaudeville di merda, punteggiato essenzialmente da feste da “bunga bunga”, il suo ingresso in politica è stato di tutt’altro ordine, e con conseguenze che sono andati ben oltre i confini dell’Italia. È stato il primo miliardario ad entrare in politica, scolpendo nella pietra l’idea che lo Stato è un business come un altro e che il cinismo può servire da moralità, aprendo la strada a una sottile schiera di avatar, tra cui Trump è senza dubbio il più vincente. Fu il primo, circondato dalla giustizia, a parlare di “giudici rossi” e a teorizzare il “complotto” dei magistrati. Soprattutto è stato il primo a “normalizzare” l’estrema destra, governando, fin dal suo primo mandato, con i postfascisti di Alleanza Nazionale e i regionalisti xenofobi e antieuropeisti della Lega Nord.
Al Charlie si è scritto molto su Silvio Berlusconi. Anche senza seguire da vicino la scena politica italiana, per molti anni è stato molto difficile non farlo, soprattutto per un giornale satirico a cui piace ridere di cose non necessariamente divertenti. Ci mancherà? NO. E tanto meno visto che oggi abbiamo molto a che fare con la sua eredità.
Articolo pubblicato da Charlie Hebdo il 12 giugno 2023