Matteo Richetti, presidente di Azione, è stato accusato di molestie sessuali.
Nella serata del 15 settembre, la testata giornalistica Fanpage.it ha pubblicato un articolo intitolato Il candidato accusato di abusi: “Non puoi denunciare un senatore con immunità, femminista del c…”. Nell’articolo si legge: «Uno dei personaggi delle prossime elezioni, un senatore della Repubblica ai piani alti di un importante partito, è accusato da una donna di averla abusata nel suo ufficio istituzionale. Decine di messaggi confermano la versione dei fatti raccontati dalla donna. […] Quella che leggerete è la versione dei fatti dal punto di vista della vittima, che non ha sporto denuncia alle autorità. Dopo mesi di indagini, siamo entrati in possesso di documenti, tra cui chat, audio e mail che coinciderebbero con il suo racconto e per questo riteniamo opportuno raccontarlo. […] Un senatore piuttosto noto e una giovane donna diventano i protagonisti di una storia che si consuma a qualche metro da Palazzo Madama».
Sui propri profili social, la testata ha pubblicato un video in cui la presunta vittima racconta in prima persona l’accaduto.
La versione della vittima
Fanpage.it ha scelto di non rivelare il nome del senatore. Più tardi ricostruiremo il processo che ha portato all’identificazione del presunto molestatore. Stando al racconto, la presunta vittima avrebbe incontrato due volte il politico nel suo ufficio al Senato. Durante il primo incontro e in alcuni messaggi, il senatore avrebbe fatto diverse allusioni sessuali inopportune. Durante un secondo incontro, il senatore avrebbe molestato sessualmente la donna, baciandola e toccando i suoi organi genitali, senza il consenso di lei. Il senatore avrebbe inoltre inviato una foto del suo pene alla donna. In un secondo momento, la casa della donna è stata perquisita dalla polizia. Un dirigente della polizia le avrebbe detto che a ordinare la perquisizione sarebbe stato il senatore. Lo stesso dirigente avrebbe a sua volta molestato la donna.
Se il racconto venisse confermato, saremmo davanti ad un gravissimo caso di violenza sessuale. Il senatore avrebbe approfittato della propria posizione per violentare la donna e per perseguitarla e avrebbe ordinato una perquisizione illegale. Non solo: un dirigente della polizia avrebbe a sua volta molestato la vittima.
La replica di Matteo Richetti
Sul proprio profilo Twitter, Matteo Richetti ha scritto: «Hanno costruito messaggi falsi e li hanno attribuiti a me. Hanno mandato un video anonimo che racconta cose mai accadute. Io ho denunciato, chi mi calunnia no. Sono mesi che accade questo è ora esce ogni tipo di falsità e io devo fare chiarezza? Più di così?»
Durante un incontro elettorale tenutosi questa mattina a Parma, Matteo Richetti ha aggiunto: «Quello scambio di messaggi è costruito in maniera artefatta, non li ho mai né ideati, né pensati né inviati. Io ho passato la mia vita a combattere la violenza sulle donne e mi sento impotente di fronte a una costruzione tutta inventata. Ci sono decine di migliaia di persone che mi dicono di vergognarmi ma io quelle cose non le ho mai fatte. Io ho denunciato da un anno alla procura di Roma chi mi rivolge accuse gravissime. La calunnia e la diffamazione si affrontano nelle aule dei tribunali. Questa vicenda emerge ora perché mancano pochi giorni alla chiusura della campagna elettorale, io sono convinto che ci rafforzerà. Andiamo a testa alta non solo per quello che diciamo, ma soprattutto per quello che siamo“.
Stando a quanto ricostruito dall’AdnKronos, il 29 novembre 2021 Richetti si è recato presso la polizia postale di Roma per presentare una denuncia contro ignoti. Stando al racconto del senatore, nei giorni precedenti alla denuncia sul suo profilo Facebook era apparso il commento «omm ‘e merda, te devono arrestà». La stessa autrice del commento si era poi riferita ad una militante di Azione definendola “schiava sessuale”. La stessa donna aveva inoltre pubblicato diversi commenti ingiuriosi sui profili di Matteo Richetti, dei suoi familiari e del suo partito.
Il 13 settembre scorso, il senatore ha presentato una seconda denuncia nella quale si legge: «Da alcuni mesi sono a conoscenza dell’esistenza di un dossier diffamatorio a mio carico recapitato all’indirizzo di numerose redazioni e testate giornalistiche». Secondo Richetti, alcune sue collaboratrici sarebbero state contattate da una giornalista freelance, la quale le avrebbe invitate a rivelare eventuali approcci sentimentali subiti. La giornalista avrebbe poi letto a Richetti il contenuto di messaggi a lui attribuiti e da egli stesso considerati artefatti. Per il presidente di Azione si tratta di un dossier «altamente lesivo della mia reputazione oltretutto in considerazione del periodo elettorale e della mia candidatura alle prossime elezioni politiche».
Un clamoroso errore giornalistico
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla vicenda. Sarà la Magistratura a stabilire cosa sia realmente accaduto. È bene chiarire che, in Italia, gli episodi di molestia e di violenza contro le donne sono tantissimi. Una donna è libera di non denunciare o di farlo se e quando lo ritiene opportuno. La presenza o meno di una denuncia non è elemento sufficiente per definire falso un racconto. Molte donne non vengono prese sul serio. Ai racconti delle violenze subite, si risponde con “te la sei cercata”, “potevi vestirti in maniera più consona”. Questa testata ha più volte affrontato il tema e ogni volta si è schierata accanto alle vittime. Allo stesso tempo, l’Italia è uno Stato di Diritto e la presunzione di innocenza è sacra.
Il ruolo dell’informazione è fondamentale nei casi di violenza contro le donne. Spesso è proprio l’informazione a mettere in moto la macchina della Giustizia. Per questo, la pubblicazione in esclusiva della notizia di un’avvenuta violenza richiede molta attenzione. L’articolo 5-bis del Testo unico dei doveri del Giornalista (TUDG) indica il comportamento che il Giornalista deve assumere nei casi di femminicidio, violenza, molestie, discriminazioni e fatti di cronaca che coinvolgono aspetti legati all’orientamento e all’identità sessuale.
Il primo comma dell’articolo 8 del TUDG afferma il dovere, da parte del Giornalista, di rispettare sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza. Il quarto comma dell’articolo 9 del TUDG sancisce l’obbligo del Giornalista di controllare le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità. Il settimo comma dello stesso articolo afferma il divieto ad omettere fatti, dichiarazioni o dettagli essenziali alla completa ricostruzione di un avvenimento. Fanpage.it non ha pubblicato il nome del senatore accusato di aver compiuto molestie. Ha tuttavia pubblicato una foto lievemente sgranata, che corrisponde alla foto che il senatore Matteo Richetti ha scelto come propria immagine del profilo su diversi social network. A circa 20 ore dalla pubblicazione dell’articolo di Fanpage.it, sui social molti utenti avevano identificato il senatore-molestatore con l’Onorevole Richetti.
Fanpage.it aveva il dovere di controllare l’attendibilità di quanto dichiarato dalla presunta vittima. Se lo ha fatto, per quale motivo non ha pubblicato il nome del molestatore? Se ha ritenuto le dichiarazioni poco credibili, perché ha comunque pubblicato l’articolo e la video-testimonianza della vittima? In entrambi i casi, quale motivazione ha spinto il giornalista a pubblicare una foto lievemente sgranata del senatore-molestatore?
I malpensanti potrebbero sostenere che questo sia stato un modo per accusare – giustamente o ingiustamente, poco importa – Matteo Richetti senza correre il rischio di ricevere una querela per calunnia. Tentativo non andato a buon fine visto che, come annunciato in una nota da Azione, «il senatore e presidente di Azione Matteo Richetti ha dato mandato ai propri legali per procedere in sede civile nei confronti di Fanpage, del direttore responsabile e degli altri soggetti responsabili per gli articoli e i video diffamatori nei suoi confronti pubblicati in questi giorni»
Tutto ciò avviene a dieci giorni dalle elezioni politiche. Matteo Richetti è candidato al Senato della Repubblica e, lo ripetiamo, è il presidente di Azione. Sarà la Magistratura a stabilire ciò che è realmente accaduto. In ogni caso, Fanpage.it ha sbagliato. Se il senatore è innocente, lo ha calunniato. Lo ha fatto indirettamente, senza scriverne il nome. Il risultato non cambia. Se Richetti è colpevole, è completamente scorretto il taglio dell’articolo. L’assenza del nome dell’accusato e l’inconsistenza delle fonti pubblicate (pochi messaggi, che qui alleghiamo) rendono il racconto della vittima poco credibile. La responsabilità di questo è da attribuire all’autore dell’articolo, non alla donna che ha, forse, subito una violenza. La violenza contro le donne è uno dei peggiori cancri della nostra Repubblica. Questo modo di fare informazione sul tema fa schifo.