In scena al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano Carne Blu, di Federica Rosellini. L’attrice e autrice porta dunque a teatro il suo romanzo omonimo: Carne Blu – Studio su “un Orlando“, edito da Giulio Perrone Editore. Il rimando è a quella che qualcuno ha definito “la più lunga lettera d’amore della storia”, Orlando di Virginia Woolf, romanzo dedicato all’amante Vita Sackville-West.
Studio su “un Orlando”
La trama, se di trama si può parlare, è non lineare e anti-narrativa: un intreccio di frammenti e una lunga stupefazione di immagini molto fisiche. Orlando, androgino con un pesciolino rosso al posto del cuore, è il catalizzatore di ricordi personali e minuzie reali, che per somma compongono l’idea di un universo. Elementi ne sono: la regolite lunare, la polvere, l’oceano e le sue leggi, gli animali selvatici, le abitazioni, le età diverse, i sessi diversi, i corpi, la mitologia greca. Per rendere l’idea, forse, si potrebbe azzardare a paragonarla ad una narrazione alla Borges, in cui ogni parola è il pretesto per dilatare un’immagine e sfondare la realtà nell’onirico.
Carne Blu – Recensione dello spettacolo
Lo spettacolo si compone di tre atti, tra i quali il pubblico è costretto ad abbandonare la sala per consentire i cambi di scena. La meravigliosa struttura del Melato, infatti, non impone la visione frontale, ma abbraccia il terreno teatrale su cui si muove la Rosellini. Dunque, non prevede sipari.
In apertura, ci confrontiamo con uno degli elementi salienti della pièce: la scenografia calpestabile, fatta di pareti sventrate, sabbia e lamiere. A terra ci sono tre pezzi di muro e quella che scopriamo essere la riproduzione di un pianoforte rovesciato, saldamenti ancorati a dei tiranti metallici, per essere sollevati a metà altezza nel corso del primo atto e poi del tutto (quindi messi fuori scena) negli altri due. Il rapporto con lo spazio e il modo in cui viene deformato è dunque uno dei tratti più spettacolari di Carne Blu, assieme all’utilizzo delle luci, alla già citata scenografia e al suono. Allo stesso modo, bisognerà menzionare la varietà timbrica della Rosellini, nonché le sue abilità nel canto, presente in vari momenti.
Da spettatore, però, ciò che risulta più insolito è quello che accade tra i cambi di scena. Alla fine del secondo atto, si esce lasciando l’attrice ben visibile e immobile nel cerchio teatrale. All’inizio del secondo e del terzo atto, si entra in sala trovando l’attrice già in scena, già nel mezzo di qualcosa. Questo particolare, dettato sicuramente in parte anche dalla conformazione stessa del teatro, spezza in realtà la dinamica solita pubblico-spettacolo, prodotto-fruitore. La sensazione, quindi, passeggiando dentro e fuori dalla sala fra questi cambi, non è quella di starsi approntando un intrattenimento, ma quasi di inciampare in un avvenimento. Carattere che sottolinea l’essere-in-presenza, uno dei tratti propri del teatro.
Info
Carne blu
di Federica Rosellini
tratto da Carne blu. Un Orlando di Federica Rosellini (Giulio Perrone Editore)
con Federica Rosellini
scenografa Paola Villani
costumi Simona D’Amico
realizzazione scultorea creatura III atto Daniele Franzella su disegno di Simona D’Amico
light designer Luigi Biondi
visual designer Massimo Racozzi
sound designer Gup Alcaro
assistente alla regia Elvira Berarducci
regia Federica Rosellini e Fiona Sansone
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Federico Demitry