«Dovremmo frenare ma stiamo accelerando
Te lo dico mentre rido, ma non sto scherzando»,
cantano gli Eugenio in Via di Gioia in Umano, una delle mie canzoni preferite. Bella, bellissima canzone. Ma la diffusa immagine dell’auto in corsa contro un muro associata al cambiamento climatico non mi piace. Non c’è nessun muro al 2050, non stiamo andando a schiantarci da nessuna parte. Altrimenti sarebbe facile, basterebbe frenare.
Piuttosto immaginate di avere caldo, ma di continuare ad indossare una giacca sopra l’altra che poi faticherete a togliere. Anche se smettete di indossare nuove giacche, quelle che già avete addosso continueranno a scaldarvi. La CO2 che abbiamo emesso negli ultimi decenni è una cappa che alimenta un eccessivo effetto serra: non basterà smettere di emetterla per risolvere i nostri problemi. Se anche lo facessimo, continueremmo a scaldarci e gli eventi estremi continueranno ad esserci. È necessario smettere di parlare di emergenza e iniziare a parlare della realtà dei fatti.
Uscire dalla logica dell’emergenza
Finché tratteremo il cambiamento climatico come un’emergenza, e non come uno status quo che causa più emergenze, avremo sempre più idioti per strada a bloccare i raccordi, sempre più vegani incazzati con gli onnivori, sempre più guru dell’elettrico che criminalizzano il povero impiegato che non ha ancora finito le rate della sua modesta Punto 2009. Il fatto che se anche azzerassimo le emissioni le temperature continuerebbero a crescere è pura fisica: l’atmosfera ha una sua inerzia. A sostegno di tale tesi vi sono le proiezione dell’IPCC.
Lo dice anche l’economia. Emergenza vuol dire misure emergenziali, risolvere il problema attuale richiede invece misure strutturali. Come nucleare, OGM, meno consumo di carne o carni coltivate, rinnovabili, idroelettrico come accumulo, totale o quasi conversione all’elettrico, inceneritori, idrogeno sostenibile e batterie al sale per i processi che richiedono alto calore, mobilità pubblica o alternativa in città e tanto altro ancora. Lo dice la psicologia. Emergenza costante vuol dire ansia, troppa ansia vuol dire stasi, che è proprio ciò verso cui andiamo incontro ma ciò che più dovremmo evitare.
Come non valutare il ruolo degli influencer nella formazione dell’opinione pubblica? Regine e re dei social che non conoscono la differenza tra inquinanti e climalteranti ma si sentono autorizzati ad esprimere la propria – molte volte folle – idea ad ogni ondata di calore. Mettetevi nei panni di un indeciso che non ha gli strumenti per comprendere il problema: chi sceglierà tra l’idiota isterico che per strada urla «Moriremo tutti» e l’idiota che dice «È sempre stato così»? Fanatici del genere da che mondo e mondo sono sempre stati derisi, non seguiti. Riguardate le sequenze a Tebe del film Disney Hercules per capire cosa intendo, che tanto è pure un bel film.
Il collegamento tra il cambiamento climatico e gli eventi estremi
I modelli climatici, quelli che calcolano e ricalcano alla perfezione i dati satellitari e non, si basano su medie temporali che, quando si analizza un breve periodo, si riferiscono ad un intervallo di almeno 10 anni. Si confronta un decennio con l’altro, non un’alluvione con l’altra. Queste medie, ovviamente, sono determinate anche dagli eventi estremi. Fare il lavoro contrario è difficilissimo da un punto di vista statistico. Attribuire il singolo evento estremo ai cambiamenti climatici è scientificamente una delle cose più difficili da fare. Attribuire ad ogni evento estremo la causa del cambiamento climatico è da irresponsabili. Le uniche persone a poter individuare una correlazione sono coloro che, giornalmente, maneggiano modelli matematici.
Per fortuna c’è chi lo fa, lo studio sulle alluvioni in Romagna del maggio scorso ne è la prova. Ovviamente occorre del tempo, non ci si può attendere la pubblicazione di un report sugli eventi di questi giorni già nei prossimi giorni: la scienza non funziona così. Andrà così che voi urliate o meno sui social. Ma se non urlate, se «lasciate parlare gli scienziati» come diceva Greta Thunberg invece che soffocare la loro voce con le vostre manifestazioni di pubblica ignoranza, forse gli indecisi li si convince. Forse la richiesta di serietà alla fine spingerà pure i media tradizionali a non dare voce ai Franco Battaglia e affini. Perché a scacchi col piccione non ci giochi, semplicemente gli impedisci di venire a disturbare noi che giochiamo. Se volete giocare, imparate prima le regole. HOW DARE YOU, per citare di nuovo Greta, lo dico io a voi.
Giuseppe Persano