Adattamento e regia di Giorgio Barberio Corsetti, Amleto di William Shakespeare va in scena al Teatro Argentina di Roma. Lo spettacolo ci permette di riscoprire uno dei testi più celebri del Bardo, nonostante alcune spigolosità linguistiche, con gusto e naturalezza. Un’impresa non facile, ma riuscita, quella di tagliare il meno possibile delle sfumature shakespeariane, senza appesantire lo spettatore.
L’Amleto di Giorgio Barberio Corsetti al Teatro Argentina di Roma
Quasi in sordina, con le luci in sala, Amleto (Fausto Cabra) si prende il palco con il suo celebre monologo, “To be or not to be”. Con un piede pericolosamente attaccato alla corrente e una bottiglietta d’acqua, ci spalanca le porte della sua mente autodistruttiva, convulsa tra il sogno e la veglia, la vita e la morte, la follia e la quotidianità squallida della corte di Danimarca. C’è però una storia da narrare, e così dal fondo di un telo affiorano prima le voci e poi tutto il cast di attori, pronti a popolare la scena, dando corpo alle criptiche derive introspettive del principe. Qui inizia la nostra tragedia, in abiti casual moderni, in riconoscibili ambientazioni da night.
Il Re di Danimarca è morto, ma suo fratello Claudio, sua moglie Gertrude, il consigliere Polonio festeggiano il nuovo re, vivono la loro vita presente, di piccole gioie, consuetudini, ordinaria amministrazione. Si fa evidente che la tragedia c’è, ma è nella testa di Amleto, l’unico che soffre gli eventi, perché capace di guardarli da fuori, di astrarre e non dimenticare. Si poteva lasciar correre il delitto, si poteva vendicarsi subito, e invece come sappiamo il principe filosofo non segue una logica lineare, ma travolge con il suo delirio tutto il corso degli eventi. Come segnalato dunque dall’inizio, da quella prima scena vuota, la tragedia va da dentro a fuori. Ma questo è Shakespeare.
Lo spettacolo – Una recensione
Per il suo Amleto, Corsetti propone una macchina scenografica in continua trasformazione. Gli ambienti sono tutti in una grande struttura di ferro su più piani, in movimento e in rotazione. Gli attori corrono da destra a sinistra, dall’alto in basso, mentre il palazzo gira, cambia. Il ritmo dello spettacolo è dunque senza sosta, le scene sono accattivanti, i movimenti non banali. C’è un gusto per la sorpresa nell’impostazione registica. Lo spettatore non sa quando verrà turbato dal riaccendersi delle luci in sala, quando gli attori romperanno l’illusione del proscenio, quando il muro del palazzo diventerà improvvisamente obliquo e calpestabile, nuova scena nella scena. Tutti gli spazi del palco si aprono e si chiudono, recuperando lo spazio mai orizzontale del teatro inglese del cinquecento, sfruttando i piani, i piani inclinati, persino le botole.
Una grande macchina chiamata Elsinore, Danimarca, chiamata quotidiano, chiamata vita, che si muoverebbe collaudata e necessaria, in cui Amleto si muove portando disordine, entropia, sommando alla stratificazione degli spazi quella dei pensieri e dei toni, con un Fausto Cabra che convince nel dolore e nella pazzia, nella leggerezza e negli svariati timbri che attraversa e di cui da prova, restituendoci un Amleto con cui empatizzare, umano, allucinato ma non retorico. Soprattutto un Amleto che si stacca dalla scena senza polverizzarla, con il risultato che la pièce sfugge al pericolo di restituire un lungo sfoggio di accademia monologante, ma al contrario rimane saldamente corale.
Questo dunque un Amleto autentico, moderno ma non travisato da trovate posticce, se è vero come scriveva Oscar Wilde che la fedeltà non è filologia senz’anima, non è costume e gusto museale; che l’arte è una forma superiore di critica, e che, infine, esistono tanti Amleti quante sono le malinconie. “Tutto il resto è silenzio”.
Info tecniche
Amleto
di William Shakespeare
traduzione di Cesare Garboli
adattamento e regia Giorgio Barberio Corsetti
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Camilla Piccioni
musiche e vocal coaching Massimo Sigillò Massara
movimenti Marco Angelilli
assistente alla regia Tommaso Capodanno
assistente scenografa Alessandra Solimene
drammaturg Emilia Agnesa
foto di scena Claudia Pajewski
personaggi e interpreti
Fausto Cabra Amleto
Michelangelo Dalisi Claudio / Spettro
Sara Putignano Gertrude
Francesco Bolo Rossini Polonio / Osric
Mimosa Campironi Ofelia
Francesco Sferrazza Papa Orazio / Attore
Giovanni Prosperi Rosencrantz
Dario Caccuri Guildenstern / Prete
Diego Giangrasso Laerte / Attore
Francesca Florio Prima attrice / Attrice Regina / Soldato
Iacopo Nestori Primo attore / Attore Re / Messaggero / Marinaio / Primo Becchino
Adriano Exacoustos Attore / Luciano / Soldato/ Marinaio / Secondo Becchino
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Ulteriori informazioni sul sito di Teatro di Roma.
Federico Demitry