La 93ª adunata degli alpini si è svolta a Rimini e a San Marino dal 5 all’8 maggio. Il movimento transfemminista Non Una Di Meno e i collettivi di Casa Madiba e Pride Off hanno raccolto oltre 150 segnalazioni di violenze contro le donne, esercitate dai partecipanti all’adunata. Ripercorriamo ciò che è accaduto seguendo il racconto di Non Una Di Meno Rimini.
Molestie, catcalling, razzismo
Già il 6 maggio il movimento, sul proprio profilo Facebook, ha scritto: «Siamo alla seconda giornata dell’adunata nazionale degli alpini, accolti come il miglior ospite che Rimini potesse aspettarsi. Sono già numerosissime le segnalazioni di molestie e catcalling da parte di alpini, per lo più ubriachi, ai danni di donne di ogni età. Ancor più pesanti quelle subite sul luogo di lavoro da chi non può rispondere a tono o sottrarsi a questa violenza. Come dal miglior copione della violenza patriarcale, ai commenti sessisti seguono quelli razzisti con vari inviti a persone nere e razzializzate a “tornare a casa loro”. Senza contare che queste persone sono già a casa propria, sono cittadin* di Rimini mentre gli invasori a ben guardare sono dei pennuti militari.
Incredibile ma vero, un gruppo di oltre 400.000 uomini, imbevuti di machismo patriarcale, concentrati in un solo luogo allo scopo di ubriacarsi, genera una dinamica di branco in cui si fa a gara a chi ce l’ha più duro. Ognuno si sente in diritto e in dovere di reclamare il possesso del corpo di ogni donna che gli passa accanto.
Così, mentre il sindaco gioisce per l’indotto economico e gli alberghi pieni, noi siamo costrett* a sentirci urlare di tutto, a uscire di casa nella totale insicurezza sentendo che ancora nel 2022 il corpo non è nostro ma può essere toccato, afferrato, commentato pubblicamente senza l’ombra del nostro consenso. Ma noi non ci stiamo. Quelle lunghe penne nere ve le spezziamo una a una. Se toccano un* toccano tutt*! Chiediamo al sindaco e all’assesora alle pari opportunità di prendere parola e dare risposta a tutt* i/le cittadin* coinvolt* in questi tristi episodi».
Un’invasione senza regole
Il giorno dopo, Non Una Di Meno Rimini ha creato un gruppo Telegram di emergenza. Il gruppo consente, a chi è in difficoltà, di entrare immediatamente in contatto con qualcuno e di poter quindi ricevere aiuto. L’8 maggio, il movimento transfemminista ha convocato una conferenza stampa. «Quest’adunata non porta né prestigio né benessere alla nostra città, anzi. Il lavoro si è fatto più duro, gli spazi vitali si sono ristretti, le strade si sono fatte meno sicure. Tutto in nome del militarismo e del profitto. Tutti i problemi che da anni denunciamo come sfruttamento lavorativo e privatizzazione dello spazio pubblico si presentano amplificati dall’arrivo di più di 400 mila persone in soli 4 giorni.
Girando per la città lo scenario che si presenta é simile a quello di una vera e propria invasione senza regole: camper e tende in ogni angolo del centro, nelle aiuole, perfino nei giardini dei palazzi senza che nessuno abbia chiesto il permesso, tende militari nella nuovissima piazza Malatesta, mezzi militari che sfrecciano sul Corso d’Augusto e una quantità di rifiuti di ogni genere sparsi ovunque. Mezza città interdetta al traffico, consigli a “non venire a Rimini” o ancor peggio a non uscire di casa. In questi giorni ci siamo chieste quali sarebbero state le conseguenze di tutto questo sulle persone che vivono nella nostra città.
Le conseguenze sui cittadini dell’adunata degli Alpini
Le persone senza casa, molte delle quali per colpa dell’ultima ondata di sfratti post emergenza covid, sono state allontanate dal parco per fare spazio agli accampamenti degli alpini. Le persone che lavorano nel settore turistico hanno iniziato la già tristemente nota stagione estiva con turni massacranti, soprusi e ricatti di ogni genere per far fronte all’arrivo di oltre 400 mila persone in soli 4 giorni, le persone nere hanno ricevuto insulti razzisti come “torna nella giungla”. I rifugiati che sono scappati dalla guerra si vedono sfilare davanti centinaia di militari. Devono ascoltare rumori di spari e vedere uomini in divisa mezzi ubriachi ovunque. Le donne e le persone lgbtqia+ sono state prese d’assalto da orde di maschi imbevuti di machismo militaresco e “allegria”. Un'”allegria” che si é tradotta in catcalling senza freno alla fantasia, molestie sessuali, insulti, accerchiamenti, palpeggiamenti nelle strade, nei parchi, sotto casa.
Chi ha pensato a queste persone prima di autorizzare l’arrivo di 450 mila militari a Rimini? Nessuno a quanto pare. Purtroppo non ci stupisce, data la scarsa attenzione che riceviamo durante tutto l’anno, con o senza eventi. Per esprimere solidarietà a tutte queste persone abbiamo iniziato a raccogliere e condividere le loro testimonianze. La risposta è stata altissima, tanto quanto sconvolgente per il numero e l’intensità delle molestie ricevute. Fischi, cat-calling, minacce e vere e proprie molestie hanno colpito diverse persone colpevoli solo di voler vivere la propria città. Molestie mascherate da goliardia e tradizione che in realtà sono figlie di una cultura patriarcale che vuole donne, persone trans e gender non conforming assoggettate al potere e alla paura, al ricatto e alle minacce in caso di rifiuto.
«Stanche di aspettare una risposta che non arriva mai»
Siamo davvero stanch3 di sentirci prigionier3 nella nostra città, siamo stanch3 di subire angherie mentre riprendiamo i nostri spazi. Siamo stanch3 del fatto che per l’Amministrazione Comunale la priorità sia l’elogio dei turisti “importanti” piuttosto che rendere Rimini una città in cui valga la pena vivere. In questo momento più che mai vogliamo ribadire che siamo contro ogni forma di esaltazione militare, di idea di pace associata alle armi e al terrore, di privatizzazione dello spazio pubblico, di ricatto sociale e violenza di ogni tipo.
Abbiamo interrogato l’amministrazione pubblica nella speranza di ricevere una risposta decisa, di sentirci ascoltate e credute. Non abbiamo ricevuto altro che un banale “abbiamo avvertito gli organizzatori” o nel peggiore dei casi il solito triste silenzio. Questo silenzio è diventato assordante, come le urla e gli insulti degli alpini che riecheggiano ora nella nostra città. Noi siamo stanche di aspettare una risposta che non arriva mai. Vogliamo una città dove le persone sono al primo posto, dove il nostro benessere è la prima preoccupazione, dove lo spazio pubblico è di tutte e tutti».
La “contro-adunata”
Ieri sera, Non Una Di Meno Rimini ha organizzato una contro-adunata: «Ci siamo riprese simbolicamente la città con una Contro-Adunata in piazza Cavour. Un’assemblea pubblica in cui tante persone hanno preso parola per raccontare le molestie subite durante l’adunata degli alpini a Rimini. Un’occasione per ragionare insieme su come costruire la città del futuro, la città transfemminista che vorremmo. Una città in cui sentirci sicur* di camminare per le strade, a qualunque ora, in compagnia o meno, più o meno vestit*, senza la paura di incrociare lo sguardo di qualcuno che possa scambiare un’occhiata per un invito.
Daremo supporto a chiunque voglia denunciare le molestie subite. Alcune donne hanno infatti deciso di denunciare e ci hanno contattato per chiedere il nostro supporto che non tarderà ad arrivare. Ci stiamo attivando in queste ore per presentare le denunce tramite i nostri avvocati di fiducia e per accompagnare in questura chiunque ne faccia richiesta. Sappiamo che denunciare è difficile, che spesso chi decide di farlo vive una seconda violenza davanti a forze dell’ordine che tendono a minimizzare e a sminuire la vittima. Ma in questo caso le denunce possono essere una leva in più perché le molestie che si ripetono ad ogni adunata non possano passare sotto traccia come accaduto in passato. Possono essere una leva in più per portare attenzione sulla problematica cultura machista e patriarcale in cui viviamo, che minimizza il catcalling e le molestie che sono la solida base della piramide della violenza.
Chiediamo che queste adunate non si ripetano mai più in nessuna città. Chiediamo alle istituzioni di prendere parola e dare una risposta chiara e solidale a tutt* i/le cittadin* coinvolt* in questi tristi episodi».
Alberto Pizzolante