giovedì, Novembre 21, 2024

Sanremo 2024, le pagelle della serata cover

Giudizi e voti delle esibizioni della quarta serata del Festival di Sanremo 2024. Un capolavoro la performance di Angelina Mango.

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La serata delle cover del Festival di Sanremo è stata emozionante sotto molti punti di vista. Le tematiche affrontate sono state molte e a volte anche emotivamente profonde. Peccato per la conclusione, che non merita una riga in più rispetto a quelle che sto scrivendo: ha vinto l’assoluta mediocrità, che ha avuto la reazione meritata: fischi e l’abbandono del teatro da parte del pubblico prima dell’esibizione dei vincitori (risentirli due volte sarebbe stato troppo per chiunque). Il pubblico dell’Ariston mi da ancora qualche speranza. Ma ora passiamo alle cover in gara e cominciamo a parlare di musica.

Sangiovanni, in coppia con Aitana, eseguono un Medley di Farfalle e Mariposas. Carini, semplici, che portano una cover che ci fa già andare col pensiero alle sole di giugno. Nulla di eclatante ma bravi.

Annalisa ha tirato fuori la sua vera vocalità con Sweet Dreams degli Eurythmics e l’ha fatta tirare fuori anche alla Rappresentante di lista. Bella esibizione, l’unica cosa che le si può contestare sono un po’ troppe “svisate” come a dire “guardate quanto sono brava”, ma comunque è Annalisa ed è brava davvero.

Rose Villain con Gianna Nannini non va un granché bene, o meglio, Rose Villain non va bene: molto calante, fuori sincro rispetto alla Nannini. Il medley era Scandalo, Meravigliosa creatura, Sei nell’anima. Il primo brano può essere una perfetta sintesi dell’esibizione (di Rose Villain).

Credo che Gazzelle sia uno dei peggiori interpreti che circolino in Italia. Fulminacci gli salva un pochino la situazione, ma Notte prima degli esami di Venditti viene resa una tediosa lagna rallentata fin troppo.

The Kolors e Umberto Tozzi con un medley di Ti amo, Tu e Gloria. Beh che dire, questa volta sono i cantanti in gara a salvare l’ospite. Sono stati bravi, con un ottimo arrangiamento e un’ottima performance sul palco. Mi sentirei di fare solo una domanda: era proprio necessario chiudere con “Questa non è Ibiza!”?. Comunque molto bravi.

Ora arriva uno dei momenti più alti di tutta la serata e di tutto il festival in generale: il duetto tra Alfa e Roberto Vecchioni sulle note di Sogna ragazzo sogna. Oltre all’interpretazione molto bella e sentita da parte di entrambi, a parlare sono gli occhi e gli sguardi dei due. Alfa è felicissimo, emozionatissimo, di cantare con Vecchioni. Quando lo guarda gli si vede negli occhi tutta la sua ammirazione e la gratitudine per quel duetto. Vecchioni da parte sua guardava Alfa con tenerezza, augurandogli dal profondo del cuore quel “sogna ragazzo sogna!”.. Lo augurava ad Alfa, ma si vedeva come lo augurasse, per interposta persona, a tutti i giovani.

Anche i retroscena creano una cornice commovente. Vecchioni ha perso il figlio l’anno scorso e cimentarsi in un duetto con un giovane ragazzo non deve essere stato facile, ma allo stesso tempo doveva farlo, sia come insegnante sia come padre, doveva fare qualcosa perché i giovani non buttino via la propria vita che, a volte, è imprevedibile se non troppo, troppo breve. Per quanto riguarda Alfa c’è un particolare che è stato portato sul palco tutte le sere, senza dire una parola, ma a quelli a cui doveva arrivare il messaggio è arrivato. Un cuore giallo. Vecchioni: “sogna ragazzo sogna / ti ho lasciato un foglio sulla scrivania / manca solo un verso a quella poesia / puoi finirla tu”, indica Alfa; Alfa si commuove; ci commuoviamo anche noi.

Bnkr44 con Ma quale idea portano sul palco Pino d’Angiò, icona della musica dance anni Ottanta. Un’esibizione senza pretese ma in cui si sono sicuramente divertiti.

Altro top della serata sono stati Irama e Cocciante che intonano Quando finisce un amore. Ma a parte la splendida esibizione quello che a colpito di più sono le parole di Vivere per amare (da Notre Dame de Paris) cantate a cappella da Cocciante alla fine dell’esibizione: un messaggio per la vita, contro la morte, contro le guerre e le disgrazie del nostro mondo.

Gabbani e la Mannoia sono forse una delle delusioni delusioni della serata, purtroppo a causa della Mannoia. Voglio sperare sia stato un momento passeggero in cui era fuori forma, anche perché è stata completamente eclissata da Gabbani che, da galantuomo, ha cercato in tutti i modi di lasciarle il dovuto spazio, tirandosi indietro e trattenendo la sua voce, senza particolari successi.

I Santi francesi con Skin mi hanno confuso, così come mi hanno confuso con la loro canzone in gara. Cantano Hallelujah di Leonard Cohen, un capolavoro della canzone d’autore mondiale. E in quanto capolavoro è difficile intervenire apportando delle modifiche. Immaginate che un restauratore debba restaurare la Cappella Sistina di Michelangelo o la Cappella degli scrovegni di Giotto. Per quanto possa essere bravo non si sognerebbe mai di apportare delle modifiche alle opere dei due artisti. Ecco, questo dovrebbe accadere anche ai capolavori musicali. Sia chiaro che mi hanno incantato con le loro voci, bravissimi. Però se mi cominci a fare troppo casino su Hallelujah mi vai a perdere tutto il senso del pezzo che, se è stato scritto in quel modo, sarà perché avrà un senso.

Ricchi e Poveri con Paola e Chiara portano un po’ di trash sul palco, ma lo fanno con grande stile. Dai, alla fine ci siamo alzati tutti a ballare Mamma Maria e Sarà perché ti amo.

Ghali e Ratchopper sono, credo, i vincitori morali, e anche compositivi della serata. La lotta di chi è italiano ma non viene considerato tale per le sue origini. Si inizia a cantare in arabo e si termina con l’omaggio a Toto Cutugno con Italiano vero. Complimenti!

Clara con Ivana Spagna portano Il cerchio della vita, colonna sonora de Il re leone. Senza infamia e senza lode, non ha dato né tolto nulla.

Loredana Berté e Venerus con Ragazzo mio hanno fatto cilecca, nel senso che la Bertè non ce la faceva a prendere una nota, calante sempre e faceva veramente fatica.

È poi la volta di Angelina Mango. Toccare una canzone di suo papà e per di più una bellissima canzone, poteva portare al capolavoro o al disastro. Fortunatamente abbiamo assistito ad un capolavoro. È indiscutibilmente la vincitrice della serata: arrangiamento, interpretazione, emozioni e coraggio (perché ne ha avuto tanto di coraggio, contando quanto volesse dire quella canzone per lei). Ha tenuto la stessa melodia dell’originale, l’ha rallentata il giusto, ha aggiunto il quartetto d’archi. L’ha resa una meravigliosa e commovente preghiera rivolta al padre. Immensa.

Ieri chiedevo che Alessandra Amoroso tornasse a fare pezzi come Mambo salentino. Bene, l’ha portato come cover. Ma, sapendo che sempre il caro direttore ha qualcosa da dire in merito alla Amoroso, lascio a lui un approfondimento.
La preformance di Amoroso e Boomdabash si è aperta sulle note de Le radici ca tieni, singolo pubblicato nel 2003 dai Sud Sound System che consentì al gruppo salentino di vincere il Premio Tenco 2003 nella categoria “Miglior lavoro dialettale italiano”. Il brano è un vero e proprio inno della terra salentina, dalla quale provengono Amoroso e i Boomdabash. La prima strofa recita:

Se nu te scierri mai delle radici ca tieni
Rispetti puru quiddre delli paisi lontani
Se nu te scierri mai de du ede ca ieni
Dai chiu valore alla cultura ca tieni

(se non dimentichi mai le radici che hai
rispetti anche quelle dei paesi lontani
se non dimentichi mai da dove provieni
Dai più valore alla cultura che hai
)

I Boomdabash acquisiscono popolarità grazie alla collaborazione con Treble, ex membro dei Sud Sound System, dalla quale vide la luce, nel 2008, il primo album del gruppo. Proprio Treble ha commentato la performance di Amoroso e Boomdabash descritta non come “un omaggio ma un furto furbo”. Secondo l’artista, i Boomdabash sono proprio coloro che meno hanno a che fare con il significato della canzone, avendo dimenticato le proprie origini. Impossibile dargli torno. Dal reggae dialettale salentino alle canzonette da tormentone estivo, i Boomdabash sono quanto di più distante dalla cultura salentina, rinnegata in favore di denaro e popolarità. Inni come Le radici ca tieni andrebbero rispettati, non violentati, come accaduto ieri. Mancu li cani!

Dargen con un omaggio a Morricone insieme alla BabelNova Orchestra. Boh non l’ho capito. Mi spiace un po’ per Morricone.

Mahmood e i Tenores di Bitti con Com’è profondo il mare di Dalla. Inizio col dire che su ‘sto pezzo mi sono confrontato con altre persone, perché a me è piaciuto, ma vedevo che c’erano molte opinioni contrarie, che non capivo. Riflettendoci la cosa che è mancata è l’esplosione del brano. Spieghiamo meglio: il brano iniziava con le voci dei Tenores, poi arrivava un delicato Mahmood sul quale si reinserivano i Tenores nel ritornello. La premessa sembrava essere quella che ad un certo punto il pezzo si sarebbe dovuto aprire in un crescendo culminante con le armonizzazioni dei Tenores e di Mahmood. Ma questo non è avvenuto, lasciando tutto come una frase mai terminata.

Da questo momento in poi comincia il delirio.

Mr. Rain ha tirato fuori dal dimenticatoio (purtroppo) i Gemelli Diversi. Già risulta insipido Mr. Rain da solo, se poi ci aggiungiamo pure Mary facciamo tombola. Se non ci fossero state le “Farfalle” a regalare forse lo spettacolo più bello della serata, sarebbero passati inosservati.

Io veramente vorrei sapere cosa è successo ai Negramaro. Giuro, mi stanno facendo del male. Hanno completamente ucciso La canzone del Sole, con Malika Ayane complice in “canzonicidio”.

Emma e Bresh che cantano Tiziano Ferro possiamo anche evitarceli.

Avrei evitato anche il Volo che è tornato a fare il Volo, cileccando anche qualche crescendo e con il maestro che ha sbagliato qualche attacco con l’orchestra. Stef Burns fa il suo compitino e salva la faccia al trio.

Quella che citerò ora è un’esperienza agghiacciante e che vorrei farmi eliminare dalla memoria: Diodato e Jack Savoretti distruggono (forse peggio di quanto hanno fatto i Negramaro con Battisti) Amore che vieni amore che vai di De André. Da arresto immediato.

Un attimo di luce coi La Sad e Donatella Rettore che con Lamette se ne escono a testa altissima e come una delle cover uscite meglio. Grazie ragazzi, Punk is not dead!

Il Tre e Fabrizio Moro secondo me hanno fatto il loro lavoro. Nulla di eccezionale ma neanche un’esibizione da buttare. Diciamo che c’è stato di molto peggio.

Big Mama non ha assolutamente la vocalità per eseguire Lady Marmalade e lo sa. Si dedica così alle sue barre e lascia fare il resto a Gaia, La Nina, e Sissi. Ognuna canta meglio dell’altra, hanno fatto spettacolo, hanno fatto divertire e hanno gestito meravigliosamente voci e pezzi rappati. Brave.

Maninni con Ermal Meta fanno Ermal Meta. Non mi avete fatto niente ha un bel testo, ma per Ermal Meta vale lo stesso discorso del “Signor Pioggia”.

Fred de Palma con gli Eiffel 65 è da “Massì…”. Cioè non gli è riuscito un granché bene, però dai chi non ha cantato “I’m blue dabadì dabadà”? Alla fine lo abbiamo fatto tutti.

Nel nuovo aggiornamento del “Devoto Oli” alla voce egocentrismo comparirà la foto di Renga e Nek. Se la cantano e se la suonano e, da parte di Renga, anche abbastanza malino (gli do il beneficio di dubitare che non fosse perfettamente in forma, perché da Renga non mi aspetto una performance del genere)

Bene, credo che non manchi nessuno. Oltre ad essere stata una maratona seguire questa sera, lo è stato anche scriverla.

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