Sta diventando sempre più complicato scrivere qualcosa, tranne che per qualche rara eccezione. Troverete sicuramente molte ripetizioni nelle varie recensioni, perché tutto è già stato detto e purtroppo gli aggettivi ricorrenti sono i soliti che percorrono tutte le serate: triste, deprimente, banale.
Tuttavia, si potrà sfruttare questa cosa per svolgere qualche riflessione futura sul ruolo che ricopre oggi la musica nella società, sui messaggi che veicola e su quanto essa rispecchi i sentimenti del mondo in cui viviamo. Dalle prossime recensioni si può già intuire che qualcosa non quadra.
Will, Stupido; voto 4. Anche qua nulla di nuovo, tutta roba trita e ritrita. Monotonia nella voce e nella melodia (Elio con la sua Canzone mononota ha fatto scuola). Sicuramente si poteva fare di meglio e se a volte “sembri un po’ banale” forse è perché lo sei.
Modà, Lasciami; voto 5. Kekko ha una bella voce e la sa usare molto bene, un po’ come Mengoni. Peccato che i Modà si riducano sempre a fare lo stesso pezzo dei Modà. Sempre il solito, sempre triste e malinconico e basta! Anche perché poi io non so più cosa scrivere. Il pezzo posso dire che in sé è anche fatto bene, ma non sembra neanche un inedito. Daje Kekko inventati qualcosa di nuovo.
Sethu, Cause perse; voto 6. Si presenta sul palco con un’acconciatura che richiama decisamente Ji Carrey in “Scemo e più scemo”, ma quando canta lo fa bene. Da quello che ho capito ieri sera è un testo autobiografico che parla di lui e suo fratello gemello che lo accompagna alla chitarra ed è coautore del brano. Il pezzo viaggia bene sia vocalmente che musicalmente e, per chi come me ha vaghi ricordi, riporta alla memoria quel pop-punk anni 90 tipo Avril Lavigne. Insomma un po’ di amarcord per i millennial. Poteva anche andar meglio, ma nel complesso direi che per il suo esordio non è per niente male.
Articolo 31, Un bel viaggio; voto 6. Direi che l’operazione nostalgia ha funzionato alla grande. La canzone funziona perché è vera, è la loro storia ed è un ammissione delle proprie colpe. Il pezzo musicalmente si fa ascoltare ed è un brano tipico degli Articolo 31 che ci riporta indietro di vent’anni. Certo anche qua abbiamo un pezzo senza pretese e J-Ax è riuscito anche a stonare con l’autotune, ma dai, a loro glielo si può perdonare. Comunque c’è da dire che rispetto hai ragazzacci di una volta hanno fatto un bel passo avanti. Da quando rappavano contro il sistema, sono passati a partecipare ad un Festival per poter incrementare la monetizzazione di una reunion che avrebbe comunque fatto scalpore. Decidono così di entrare a piè pari in un sistema che premia le visualizzazioni prima ancora delle vere e proprie capacità. Però a loro discolpa possiamo dire che lo dichiarano apertamente nella canzone: “E fai tutte le cose che / Giuravi non avresti fatto”. Gli perdoniamo pure questo? Ma sì, perché no.
Lazza, Cenere; voto 5. Novità assoluta a Sanremo 2023, un testo su un amore in crisi! Lazza ci sa fare, anche perché altrimenti non si spiegherebbe come faccia a stare costantemente in cima alle classifiche. Qua però oltre alla sua capacita di rappare e di scrivere un testo tutto sommato decente non c’è alcuna inventiva, costante di tutti i partecipanti a questa edizione del festival. Però addirittura arrivare a copiare una canzone di Elodie nel ritornello è troppo. Qua si apre un problema di stampo sociologico: com’è possibile che ogni giovane in gara sia un “depresso” cronico?
Giorgia, Parole dette male; voto 4. Mi sembra di essere tornato agli anni peggiori di Colorado su Italia 1: la domanda non è chi è, la domanda è perché? Perché ha accettato di cantare una canzone del genere? Canta una canzone oggettivamente brutta e inadatta completamente alla sua voce. Non si capisce bene cosa le sia successo in questi ultimi anni, nei quali non ha prodotto quasi nulla degno di nota. Anche questo brano non è nulla di che sia dal punto di vista dell’arrangiamento che dal punto di vista canoro. Giorgia è la dimostrazione lampante di cosa significa avere una bella voce (anzi stupenda) e usarla male. Il pezzo rimane lì, non arriva a pieno, complice anche il fatto di essere abbastanza banaluccio (ma a questo direi che ormai ci abbiamo fatto il callo). E così ecco che Parole dette male diventa un pezzo eseguito peggio.
Colapesce Dimartino, Splash; voto 7. Li odio, sì li odio. Testo del cavolo, un canzoncina che ti rimane in testa e il gioco è fatto. Sono dei geni. Quella musichetta quasi anni sessanta, un po’ di Battisti qua e là, testo simpatico e divertente, che non serve e non vuol dire nulla… ma forse è proprio qua il bello, non abbiamo sempre bisogno di pezzi tristi, impegnati, seriosi, con chissà quali significati aulici per cantare. Sembra quasi che prendano in giro tutto il resto del festival con questa canzone. Sembra che dicano agli altri concorrenti “Hey, ma menatevela di meno!”. Grazie Colapesce Dimartino, perché forse nel mondo di oggi c’è sempre più bisogno di musica leggera, anzi leggerissima.