Nuovo giro, nuova corsa. Ecco altri sette concorrenti in gara.
Elodie, Due; voto 5. Un altro amore finito male in un brano insipido e che non arriva in pieno. Ci aveva abituato bene a Sanremo con Andromeda ma all’epoca collaborava con Durdust che a livello di produzione è veramente capace. Invece qui non c’è né il sound né Elodie. Forse rende meglio nella versione del video ufficiale su Youtube, ma qua non siamo ad ascoltare i video di Youtube ma le esibizioni all’Ariston. E poi ancora una volta basta con sta “depressione”.
Leo Gassmann, Terzo Cuore; voto 8. No, non sono impazzito, ho scritto il voto che volevo scrivere. È un voto che a mente lucida non darei mai. Ma insomma son conciato peggio di Fiorello visto che mi son visto tre serate intere di Sanremo e alle 5.30 del mattino apro il negozio. Capitemi. È particolarmente bella la canzone? No; ha un particolare significato? No; c’è di meglio? Sì. Però è la canzone più sanremese del festival e il Leo è stato il primo a cantare sorridendo. Canta una canzone dei pinguini tattici nucleari e la canta bene. È anche costruita alla perfezione tra alti e bassi che le danno il giusto movimento, valorizzati dalla sua voce che, diciamocelo, è una bella voce, non eccezionale ma bella. Si lascia ascoltare, ti rimane in testa e ti fa respirare un po’ in tutta la tristezza di questo Festival. Grazie Gassmann Jr.
Cugini di campagna, Lettera 22; voto 5. Cantano bene, è innegabile. Vecchia scuola. Gente che andava a Sanremo perché sapeva cantare. Non usano il falsetto per il canto principale, ma solo per gli armonici dei cori, un scelta più che azzeccata. Abbiamo però almeno due problemi: sono fuori tempo massimo e la melodia della canzone. Per quanto riguarda il primo beh, direi che è evidente, sono completamente fuori dal tempo, fermi ad anni che (si potrebbe anche dire purtroppo) non torneranno più. Il secondo problema è che se uno sentisse solo l’audio della canzone penserebbe che stiano cantando i Pooh. È una canzone dei Pooh fatta e finita. Nonostante ciò se la cavano bene e sicuramente si sono fatti un po’ di pubblicità per qualche sagra di paese. (PS: toglietegli quegli abiti a sbrilluccichini).
Gianluca Grignani, Quando ti manca il fiato; voto Inesprimibile. Non posso dargli un voto, cosa dovrei scrivere “10 e lode ma non è da Sanremo”? Quando ti manca il fiato è un pezzo che fa male, è un pugno nello stomaco bello e buono. È parte dell’uomo che lo canta, un pezzo doloroso della sua anima tormentata da demoni che, spero con tutto il cuore, sia riuscito a scacciare almeno in parte. Se questo pezzo fosse uscito qualche mese fa sarei corso ad abbracciarlo quando lo incrociai al concerto dei Black Crowes a Milano. L’esecuzione del brano è qualcosa di micidiale, soprattutto la terza sera. Difatti nella prima esibizione, Grignani ha cantato la canzone, nella seconda l’ha sentita e l’ha fatta sentire e provare anche a noi. Il testo è perfetto, è un testo alla Grignani che è sinonimo di semplicità e bellezza allo stesso tempo. Ripeto è un brano invalutabile nell’insieme. È troppo, è troppo tutto.
Olly, Polvere; voto 6. Non un pezzo eccezionale, ma comunque ben fatto ed eseguito bene. Sufficiente anche lui a dare un po’ di respiro, con una base musicale saggiamente architettata per far battere un po’ il piede a chi è seduto in platea. Lui se la cava egregiamente per essere alla sua prima partecipazione al Festival. Il ragazzo ha una sua personalità e potrebbe regalarci qualcosa di carino in futuro.
Colla zio, Non mi va; voto 8. Finalmente un po’ di energia. Sti ragazzi son bravi, scrivono il testo e pure la musica. Non sarà un po’ troppo? No, perché lo sanno fare: sanno armonizzare tutte le voci e creare un sound accattivante e funkeggiante che ti costringe a muoverti. Il testo non è impegnato, ma chissene, tanto alla gente piacciono personaggi alla Colapesce e Di Martino. Ricordano vagamente il Gualazzi di tre anni fa, anche se questo è un campione di composizione e il suo ritmo era più sudamericano. A mio avviso i Colla zio portano a casa un gran festival. Avanti così ragazzi!
Mara Sattei, Duemilaminuti; voto 4. Che palle! Duemilaminuti è la percezione della durata di ‘sto pezzo. Una lagna dall’inizio alla fine perché, guarda un po’ che caso strano, parla di un amore finito male. Mi piace come tutti ‘sti cantanti siano pieni di fantasia. Il testo è stato scritto con Damiano dei Maneskin e nella musica c’è o almeno dovrebbe esserci, lo zampino di Thasup, che in realtà non si sa bene che fine abbia fatto, visto che anche l’arrangiamento musicale è di un piattume colossale. Tutto ciò è un peccato perché Mara Sattei ha veramente una bella voce e l’ha buttata via in un pezzo che dire mediocre è un eufemismo. Dovrebbe osare di più.
Dai che siamo a metà, col prossimo articolo entriamo (finalmente) nella seconda serata.