L’IVA sugli assorbenti, la cosiddetta tampon tax, sarà ridotta dal 22 al 10% a partire dal prossimo anno: è quanto si legge nell’art. 4 del Documento programmatico di bilancio per il 2022, approvato il 19 ottobre dal Governo ed inviato a Bruxelles. L’aliquota sui prodotti igienico-femminili biodegradabili, lavabili e coppette mestruali, è stata invece già abbassata al 5%. Gli assorbenti non compostabili, da sempre considerati beni ordinari al pari di vino, sigarette e vestiti, vengono tassati con il massimo previsto dal sistema fiscale italiano, sebbene non si tratti di semplici accessori utilizzati dalle donne.
Il lungo percorso per arrivare all’abbassamento
In Italia è stata introdotta per la prima volta l’IVA sugli assorbenti femminili nel 1973. All’inizio si trattava di una tassazione del 12% che poi, come è avvenuto per altri beni, è cresciuta fino ad arrivare al 22%. Negli ultimi anni si possono contare numerosi tentativi mancati, messi in atto da politici o associazioni, al fine di modificare la cosiddetta tampon tax. Nel 2016 il fondatore di Possibile Pippo Civati per primo ha riportato in auge l’argomento. Tre anni fa il collettivo Onde Rosa ha lanciato la petizione Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso su Change.org per chiedere un abbassamento dell’IVA al 4%. La petizione ha raccolto circa 665.000 firme. L’ultima battaglia risale invece al 2019 quando l’ex presidente della Camera Laura Boldrini ha presentato l’emendamento alla Manovra per abbassare l’aliquota al 5% su tutti gli assorbenti e non solo su quelli biodegradabili.
Tra le obiezioni mosse contro questa proposta vi è principalmente quella di chi sostiene che tali prodotti, contenendo principalmente plastica, inquinano e risulta difficile provvedere al loro smaltimento. Molte donne però scelgono di non usufruire dei prodotti biodegradabili per vari motivi. Alcune dichiarano di non sentirsi a proprio agio nell’utilizzo, altre di non essere a conoscenza degli articoli alternativi. Pertanto, nel dibattito pubblico relativo alla tampon tax diviene rilevante tenere ben in considerazione il diritto fondamentale di una donna di poter fare ciò che vuole con il proprio corpo.
La tampon tax in Europa
Ma qual è la situazione relativa all’imposizione fiscale sui prodotti igienici-femminili negli altri Stati europei? Dal 2006 le normative provenienti da Strasburgo permettono di ridurre l’aliquota al mimino previsto per i beni di prima necessità, ovvero al 5%. Spagna, Grecia ed Austria hanno ridotto l’IVA al 10%; la Francia l’ha abbassata al 5,5% nel 2015; il Belgio è passato dal 2018 dal 21% al 6%; la Germania, il primo gennaio 2020, ha stabilito un’imposta pari al 7% (era al 19%). Quest’ultimo risultato è stato ottenuto grazie soprattutto alla battaglia condotta dalla start up tedesca The Female Company che ha lanciato sul mercato un libro di protesta contro la tassazione. L’Irlanda invece ha completamente eliminato la tampon tax nel 2005. A livello globale, solo pochi Paesi del mondo non impongono tasse aggiunte ai prodotti sanitari destinati alle donne. Tra questi, il Canada (dal 2015), l’Australia e l’India (dal 2018) e diversi stati degli USA, come Maryland, Massachusetts, Minnesota, New Jersey e Pennsylvania.
Un risultato insufficiente
Per comprendere quanto sia estremamente necessario che la battaglia sulla detassazione degli assorbenti femminili non si fermi è bene considerare la spesa totale per i prodotti igienici che grava sulle spalle di una donna nell’arco di una vita. Una confezione di assorbenti costa in media 4-5 euro. Tenendo conto che ne vengono consumate circa 2 al mese, ogni donna spende circa 126 euro in un anno. Considerando che l’età fertile di una donna dura dai 12 ai 50 anni, in un’intera esistenza si sborsano dunque 5.000 euro. Da questa somma, però, sono escluse le spese vive che riguardano per esempio i farmaci utilizzati per sopperire al dolore. Se si pensa che in una famiglia ci possano essere più donne, tale importo dev’essere moltiplicato, triplicato e via di seguito. Pertanto, il problema non riguarda solo le donne ma anche gli uomini!
La decisione del Consiglio dei Ministri di ridurre l’aliquota al 10% è indubbiamente un segnale positivo ma non basta, è necessario fare molto di più: gli assorbenti devono essere tassati come beni di prima necessità, ovvero al 4%. Tale riduzione consentirebbe di dare un aiuto reale molto importante alle tante ragazze e alle tante donne che in Italia tuttora pagano come beni di lusso dei prodotti estremamente necessari. Come se avere il ciclo mestruale fosse una scelta, simile a quella di indossare una borsa.
Chiara Urso