Chiara, una donna transgender di 19 anni, si è tolta la vita lo scorso 24 ottobre nella sua casa, a Napoli. Chiara, che aveva avviato il percorso di transizione, viveva con la sua famiglia nel quartiere di Miano. La tragica notizia è stata diffusa da Gay Center: «Chiara aveva contattato per la prima volta la Gay Help Line quando aveva 17 anni. I problemi a casa, la scuola che aveva dovuto lasciare per proteggersi dai bulli, il rifiuto violento di chi in strada continuava ad additarla. Gay Help Line l’ha aiutata a presentare denuncia tramite l’OSCAD. Eppure l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze rendono il percorso della giustizia ancora più lungo ed estenuante».
La vita di Chiara è stata da sempre sconvolta dalla violenza criminale degli omofobi. A causa del bullismo dei suoi compagni di classe, Chiara aveva scelto di lasciare la scuola. Gay Help Line aveva aiutato Chiara a presentare una denuncia attraverso l’Osservatorio interforze del Ministero degli Interni contro gli atti discriminatori. La donna fu accolta in una comunità per minori a rischio, supportata anche dalle associazioni LGBTQIA+ del territorio.
«Perché devo soffrire se voglio mettere un rossetto e truccarmi? Mi ridicolizzano, non ce la faccio più. Cosa c’è di male o di sbagliato se voglio uscire indossando una gonna? Mi rivolgono frasi violente, aggressive. Non mi sento al sicuro», diceva Chiara agli operatori del Gay Center. «A volte mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in me. In fondo sono sempre un essere umano. Mi sento una donna, vorrei non avere paura. Ma sono in un labirinto senza uscita».
A 18 anni, Chiara aveva scelto di lasciare la comunità e di ritornare a casa. La famiglia, che dopo il suo coming out aveva allontanato la figlia, nel frattempo aveva affrontato un percorso con uno psicologo. A settembre 2022, il consultorio aveva richiesto l’intervento del supporto psicologico dell’Asl. Purtroppo, il primo appuntamento era fissato per il prossimo 21 dicembre. Troppo tardi. A La Repubblica Daniela Falenga, presidente dell’Arcigay Napoli, ha dichiarato «Ho conosciuto Chiara e mi addolora che non possa più essere ascoltata da chi poteva aiutarla ancora. L’abbiamo seguita e sostenuta. Il consultorio aveva chiesto per lei uno psicologo di base. Ma non tutto funziona come dovrebbe. La legge 35 del 2020 è attuata con lentezza dal sistema sanitario. I tempi dell’Asl sono purtroppo ancora lunghi. Un’attesa insostenibile, la figura dello psicologo in casi di estrema fragilità è fondamentale».
Come scritto da Gay Center, secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia dei diritti fondamentali l’incidenza di autolesionismo e suicidio tra ragazzi LGBTQIA+ è doppia rispetto a quella tra i coetanei. «La strada per chi denuncia è in salita – aggiunge Gay Center – in particolare per i minorenni. L’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi transgender sulla base della loro identità di genere e non del sesso. Tutto questo Chiara aveva dovuto e saputo affrontarlo. Ma non ce l’ha fatta».