Dopo gli approfondimenti sui quesiti referendari riguardanti l’abolizione del Decreto Severino, i limiti agli abusi della custodia cautelare e la separazione delle carriere dei magistrati, pubblichiamo un’analisi della proposta sull’equa valutazione dei magistrati.
Il quesito (scheda di colore grigio)
«Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?»
Consigli giudiziari
Sono organismi territoriali composti da magistrati, ma anche da membri “non togati”: avvocati e professori universitari in materie giuridiche. Questa componente laica, che rappresenta un terzo dell’organismo, è esclusa dalle discussioni e dalle votazioni che attengono alle competenze dei magistrati. Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati.
Cosa succede se vince il Sì
Con il sì viene riconosciuto anche ai membri “laici”, cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.
Le ragioni del Sì
Questa sovrapposizione tra “controllore” e “controllato” rende poco attendibili le valutazioni e favorisce la logica corporativa.
Le ragioni del No
In un processo l’avvocato svolge il ruolo di controparte del magistrato, quindi non è giusto che si occupi della sua valutazione.
Paolo Abete