Ieri è iniziato il primo processo presso la Corte penale internazionale dell’Aia per i massacri compiuti durante la guerra nel Darfur. Nella regione nell’ovest del Sudan, dal 2003 al 2006 si è combattuta una guerra civile che secondo l’ONU ha provocato circa 400mila morti. Gli sfollati sono stati 2 milioni e mezzo. L’unico imputato è Ali Muhammad Ali Abd-al-Rahman, conosciuto come Ali Kushayb, uno dei capi dei Janjawid, i “diavoli a cavallo”. I Janjawid sono stati una milizia filo-governativa che ha avuto un ruolo centrale nel conflitto. Nel febbraio del 2003, in Darfur alcune milizie di etnia non baggara insorsero contro il governo sudanese, accusandolo di discriminazioni e di mancanza di tutele nei loro confronti. Il governo diede ai Janjawid, di etnia baggara, il compito di sedare le rivolte. Essi attaccarono numerosi villaggi, uccidendo o torturando decine di migliaia di persone.
L’ex comandante, che ora ha 65 anni, è stato trasferito alla Corte dell’Aia nel 2020 dopo l’arresto in Repubblica Centrafricana. L’arresto è avvenuto dopo tredici anni di latitanza. Si è dichiarato oggi non colpevole rispetto a tutti i 31 capi di accusa nei suoi confronti, che includono diversi crimini di guerra e contro l’umanità. Al momento è ricercato dalla Corte penale internazionale anche l’ex presidente sudanese Omar Hassan Al-Bashir, accusato di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.
Insieme a lui, sono ricercati Abdel-Rahim Mohammed Hussein, ministro dell’Interno all’epoca del conflitto, e Ahmed Harun, ex funzionario di sicurezza vicino a Bashir. L’ex capo di Stato è attualmente agli arresti nella capitale Khartoum. Egli è stato al potere per 30 anni, fino a quando una rivolta popolare e un intervento dell’esercito non hanno messo fine al suo governo nel 2019. L’esecutivo di transizione aveva deciso di consegnare al-Bashir alla Corte penale internazionale. Il processo di estradizione non è però andato avanti. Il golpe di ottobre ha fatto ricadere il Paese in una fase di insicurezza.
“Solo un primo passo”
All’agenzia Dire, un attivista sudanese per la difesa dei diritti umani ha dichiarato che non ci sarà completa giustizia fino a quando “non saranno processati anche l’ex presidente Omar al-Bashir e i vertici militari del suo regime, compreso l’attuale presidente Abdel Fattah al-Burhan, veri pianificatori di quei massacri“. Quello di ieri è “solo il primo passo di un viaggio lungo mille chilometri. La più grande e la peggiore delle milizie del Sudan sono le forze armate, di cui le stesse Janjawid sono state solo uno strumento. Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemetti, attuale vicepresidente del Sudan, ha creato e sostenuto queste milizie. I cittadini del Darfur sono vittime delle élite di alcuni Stati del nord e del centro, come l’attuale capo dello Stato e l’ex presidente al-Bashir. Chi è al potere ora non vuole consegnare al-Bashir, ma noi faremo di tutto affinché organismi internazionali facciano pressione a Khartoum per l’estradizione“.