Ultimo blocco di cantanti in gara e poi forse sarò libero dalla dittatura sanremese instaurata dal direttore Pizzolante, che con velate minacce mi invita a non criticare i suoi cantanti preferiti. Si scherza, è una pena autoinflitta la mia e chi è causa del suo mal…
Beh, concludiamo con qualche chicca e piacevole sorpresa di questa edizione.
Shari, Egoista; voto 5. Ha una bella voce, questo è innegabile. E ce l’avrebbe anche se evitasse di fare tutte quelle modulazioni alla Giusy Ferreri che tanto non servono a nulla anzi, forse peggiorano le sue qualità canore. Non riesco mai a capire bene perché si debba cantare per forza come se si avesse il mal di pancia per far vedere che si è bravi. Difatti, sul crescendo finale dell’ultimo ritornello, sale anche la tonalità della voce che si libera, diventa pulita e si può apprezzare a pieno. Nel complesso il brano è evidentemente lamentoso (sottolineato dal modo discutibile di cantare di cui sopra), musicalmente e melodicamente piatto e cantilenante, ma pare che la moda di oggi sia questa. Senza infamia e senza lode, ma se non fosse per il fatto che comunque Shari sappia cantare il voto sarebbe stato decisamente più basso.
Madame, Il bene nel male; voto 7/8. Non saprei bene che voto dare. Da un lato mi è piaciuta molto la canzone. Un bel testo, anche ricco di significato, un po’ povero dal punto di vista dell’elaborazione ma comunque ben fatto. Il sound è accattivante, ti fa muovere e ti trasporta piacevolmente verso la fine del brano. Dall’altro abbiamo un modo di cantare e un sistema di ripetizioni della stessa parola nel testo che personalmente non piace, ma che mi tocca riconoscere che nel genere e stile di Madame non sono difetti, ma tratti distintivi. D’altro canto lei ha migliorato notevolmente la presenza sul palco dall’ultima volta che ha partecipato al Festival: balla, si muove, lo sguardo è fisso e sicuro verso la platea e la telecamera. Un bel passo avanti che sicuramente aiuta a coinvolgere di più il pubblico. Sì, lo lascio lì il voto, che oscilla tra un bel sette e un otto.
Levante, Vivo; voto 6. Ha fatto il compitino e ha portato a casa la serata. Nulla di eccezionale ma cantato con la voce secondo me molto bella e particolare di Levante. Il brano si lascia ascoltare: funziona dal punto di vista compositivo e la voce risponde bene. Tuttavia lei forse esagera un po’ troppo nel voler apparire trasgressiva e carica di energia, cosa che sembra assai forzata o forse solo per come ci ha abituati in passato difficile da attribuirle. Si lascia ascoltare.
Tananai, Tango; voto 10. È un voto all’impegno, alla costanza, al lavoro, alla testa di questo ragazzo. Te vojo bene assai, ma tanto tanto bene Tananai!!! Ha dimostrato che arrivare ultimo non significa nulla, che se uno vuole raggiungere un obiettivo ci si butta a capofitto senza cercare scorciatoie in generi nei quali non serve la minima intonazione o dove basta appoggiarsi all’autotune. Ha cantato e lo ha fatto bene, ha portato un testo sull’amore che non è il solito: delicato ma impegnativo, un amore costretto alla separazione, un amore “tra gli edifici in fiamme” (dell’Ucraina). Ha dimostrato che si può convivere con le hit estive senza adagiarsi alla pura e semplice monetizzazione delle stesse. Ha dimostrato che spensieratezza e ironia non corrispondono alla superficialità della persona, anzi forse il saper ridere delle proprie disgrazie è il trampolino che ci permette di cadere per poi salire ancora più in alto. In una realtà dove “Dio ci pesta come un tango” sarebbe tutto un po’ più bello con più Tananai in circolazione. Tananai, sei un grande!
Rosa Chemical, Made in Italy; voto 7. “Ci son cascato di nuovo” come direbbe il suo padre spirituale Achille Lauro. Sì, ci son cascato di nuovo, mi son gasato con ‘sto tizio che non sapevo nemmeno chi fosse. A me questi tipi piacciono e lui ha saputo comunque portare una canzone divertente e che prende in giro tutto quel bigottismo dilagante in Italia. Per carità non sarà certo un capolavoro colossale, ma ti fa muovere e comunica un messaggio (che piaccia oppure no). Ottimo ottimo.
LDA, E se domani; voto 6. La sufficienza se la guadagna in pieno visto che è uno dei pochi giovani che canta veramente e che ha un sacco di potenziale nella voce. Tuttavia il brano è bellino ma piatto, non arriva mai quel momento che ti fa dire “Oh, questo domani mattina mi rimarrà in testa!”. Però è giovane, ha ancora tanta strada da fare e spazio per crescere.
Paola e Chiara, Furore; voto 5. Beh fanno quello che sanno fare, ovvero fanno le Paola e Chiara. È un viaggio nel tempo quello che ci propongono, un salto agli anni novanta con un pezzo dance in perfetto stile. Loro non sono più quelle di vent’anni fa e non hanno neanche una gran voce. Certo è che l’operazione nostalgia funziona e ci fanno muovere, sicuramente più di quanto si muovano loro sul palco. Nulla di eclatante insomma, ma è pur sempre un pezzo dance, non si hanno molte pretese.
E finalmente ce l’abbiamo fatta ad arrivare alla fine. Spero non che vi sia piaciuto, ma che abbia alimentato un po’ di sane critiche e polemiche. Tenetevi aggiornati che presto arriveranno altri articoli su alcuni cantanti in gara e, perché no, magari avrò l’occasione di fare una chiacchierata in diretta per parlare anche dei danni collaterali di questo festival (ospiti, monologhi e pipponi vari).
Ultima cosa: spero vivamente che l’anno prossimo ritocchino leggermente il numero dei partecipanti: 28 sono una mazzata galattica.