giovedì, Ottobre 31, 2024

7×4=Sanremo 2023

In quattro articoli, ripercorriamo le prime due serate del Festival di Sanremo e critichiamo le performance degli artisti in gara.

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Ho deciso di aspettare di risentirli tutti nella terza serata del Festival di Sanremo e i fatti mi hanno dato ragione. Se le prime sere molti erano emozionati e bloccati nella loro esibizione, ieri sera hanno sciolto gli ormeggi e molte cose, ma non tutte, sono cambiate. Procederò con l’ordine di uscita delle prime due sere dividendo in quattro blocchi i 28 cantanti, così da non rendere l’articolo un pippone infinito come la serata di ieri.

E allora partiamo:

Anna Oxa, Sali; voto 7. Scritta con Bianconi dei Baustelle, Kaballà e Fio Zanotti, Sali è una stupenda preghiera all’umanità, una preghiera di liberazione individuale che non guarda altrove ma all’uomo stesso. Se la prima sera forse non è stata il massimo, complici le condizioni di salute dell’interprete, nella sua seconda esibizione si riprende e caccia fuori tutta la bellezza tipica della voce della Oxa. Una voce come poche in Italia, e per questo motivo non apprezzabile da tutti. Così come non da tutti è apprezzata la sua personalità, rispecchiata anche dall’outifit delle due serate. Abiti senza colori, senza fronzoli o qualsivoglia superficialità. Personalmente mi piace molto. Sia la Canzone in sé, come testo e arrangiamento, sia l’interpretazione della Oxa. E allora perché solo 7? Perché ha commesso un errore: portare a Sanremo una canzone che la maggior parte del pubblico non riuscirà a capire. Mi rimane solo il dubbio che sia una mossa voluta.

gIANMARIA, Mostro; voto 4. Sembra uscito dalla classica serie televisiva adolescenziale americana ambientata in California: biondino, faccia da ragazzino vestito tutto sommato sobrio con la sua camicia sbottonata. È giovane, molto giovane, fosse stato un artista più navigato il voto sarebbe stato più basso. A suo favore (ma questo vale fortunatamente per molti giovani artisti) c’è il fatto di essersi scritto da solo la canzone Mostro, arrangiata poi da Filippelli. Il testo non è un granché e la musica è la solita solfa già sentita mille volte, ma secondo me, crescendo un po’ potrà regalarci qualche bel pezzo. D’altronde dei miglioramenti che si possono fare in qualche anno ce ne ha dato la prova in questo festival anche Tananai, che ha imparato pure a cantare.

Mr. Rain, Supereroi; voto 6. È difficile dare un voto a Mr. Rain perché il giudizio varia in base a come si guarda il brano. Il testo è innegabile che sia bello: tratta una tematica difficile e lo fa con dolcezza. L’interprete fa bene il suo mestiere, è evidente che il pezzo lo sente veramente suo e che ci tiene a ciò che canta. Insomma riesce a scalfire il cuore e i sentimenti dell’ascoltatore.  Se si guarda da un punto di vista melodico e musicale è sempre la solita canzone di Mr. Rain. Basta ascoltare Fiori di Chernobyl per rendersi conto che ha fatto un magnifico copia e incolla, pure del coretto di bambini. E qui veniamo ad un’altra nota dolente, almeno per me: i bambini sul palco. Personalmente non sopporto il tentativo di ingraziarsi la platea con dei bambini che vengono usati solo come strumento per far sciogliere ancora un po’ il cuore degli spettatori. Comunque, se non fossi andato ad ascoltare altre sue canzoni e lui non avesse portato i bimbi con le ali da angioletti sul palco il voto sarebbe stato nettamente più alto.

Marco Mengoni, Due Vite; voto 6. Senza infamia e senza lode, una canzone inutile cantata bene, insomma una canzone da Mengoni. Lui è bravo, molto molto bravo, ed è uno di quelli che nella sua seconda esibizione ha dato veramente il massimo. Ha una voce bella, potente, a tratti acida e graffiante… insomma la voce di un “Damiano dei Maneskin” che sa cantare. Il pezzo però è sempre il solito, solita musica, solita melodia vocale e solita aria da amore depresso che ha anche un po’ stufato. Purtroppo io non riesco a dargli di più, perché io lo adoravo. Ad un Sanremo avevo pure speso i miei cinquanta centesimi per votarlo. Solo che ai tempi era ancora il “Re matto”, del quale oggi rimane solo l’ombra sbiadita.

Ariete, Mare di guai, voto 3. Non so bene cosa si possa dire di Ariete… il pezzo è pesante, al solito depresso (come la maggior parte di quelli in gara), lei non sa cantare e siamo al festival della canzone. Mi torna alla mente un video di Cartoni Morti dove si spiegava come atteggiarsi e far credere di essere un artista senza saper fare nulla. Ecco, più o meno ci siamo, per com’era vestita la seconda serata (cappellino, giacca beige oversize, pantaloni alla zuava beige e anfibi neri) quasi ci credevo anche io che fosse un artista.

Ultimo, Alba, voto NC. Qui si può tirare in ballo il principio di non contraddizione di aristotelica memoria. Non si capisce come “Ultimo” possa essere “Secondo”, è contraddittorio. Eppure la stampa è sempre a suo favore e riempie gli stadi. Questo mostra la bassezza del pubblico italiano nell’ascolto musicale (la stampa è giustificata dal fatto che faccia girare un sacco di soldi). È anni che questo “cantante” ripropone sempre la stessa canzone, cantata sempre male e sempre di una palla e depressione colossale. Rimanderò il giudizio a quando farà qualcosa di nuovo (cioè mai).

Coma-cose, L’addio, voto 7. Bella canzone, provata dagli interpreti sulla loro pelle e si sente. Lei ha una bella voce melodica e delicata, lui purtroppo no (cosa che fa perdere punti al voto). Essendo una storia veramente accaduta tra loro due il brano acquisisce forse maggior valore di quello che ha in realtà. Nel complesso il pezzo è ben costruito… non c’è molto da dire se non “Bravi!”.

Ed ecco che i primi sette sono andati. Tra poco ne arriveranno altri a creare altre polemiche.

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